martedì 7 maggio 2013

La Sfera di Acqua e di Neve

Spesso le parole sono fionde che lanciano la pietra dei ragionamenti in direzioni inaspettate. Ci si ritrova catapultati in sperdutezze selvagge senza alcuna risorsa né orientamento e, se si trova il coraggio per cominciare a muoversi, si va per tentativi. Ogni scricchiolio inquieta ed ogni rumore vicino o distante ruba la nostra attenzione e dedizione alla riflessione su cosa e come ci stiamo muovendo. Mai camminare ci è parsa un'azione così nuova, così difficile. Anche se fra le fronde qualche raggio di sole buca e ci raggiunge, non ci dà fiducia: lo sappiamo distante; e, anche se possiamo riconoscere più o meno che posizione ha il sole, ciò non c'è d'aiuto: perché quel che cerchiamo non è l'ora del giorno, né quanto manca prima che scenda la notte ed una falce di luna venga a ferirla con una malizia tale da non farla nemmeno sanguinare. 
Noi vogliamo sapere dove siamo, e quanto siamo finiti lontani da dove eravamo prima. Per certi versi, ricorda il viaggio che conducono (o, almeno, così spesso viene detto) le persone per uscire dal coma: è come un destino tracciato, una serie di strade, immagini, bivi, incroci, silenzi e rumori che si devono incontrare perché si compia l'intera formula dell'incantesimo che è necessario per riaprire gli occhi e tornare alla vita di sempre.
Questo, almeno, fino alla successiva distrazione: qualcuno che ha bisogno di noi, un'urgenza o un impegno preso che ci tiene con un piede incollato a terra... Ecco che solleviamo gli occhi, incerti, quasi storditi, e l'unica cosa che possiamo fare è posare questo viaggio sulla mensola, come una di quelle sfere di vetro piene di acqua e "neve", rimandando l'avventura in quel piccolo paesaggio ad un momento di cui, guarda caso, ancora non sappiamo se, come e quando arriverà.



A.

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