giovedì 30 novembre 2017

"Sulle condizioni della poesia, oggi"

Dopo la ri-edizione di "Mùrmure" su ilmiolibro.it, ho deciso di partecipare agli articoli che, su tale sito, possono essere redatti e pubblicati al fine di creare confronto e avvicinamento fra gli autori. Uno degli argomenti proposti riguardava i motivi per i quali la poesia oggi abbia così poca attenzione del pubblico e così poca risonanza fra i lettori e le proposte editoriali. Ho deciso di scrivere una mia idea -un po' astrusamente, ma del resto era passata l'una di notte da un bel po', non riuscivo a dormire, e quindi non ero proprio bello pimpante- e le mie impressioni, così, un po' "a caldo", che condivido anche QUI, affinché possa essere visibile anche fuori dal sito stesso. 

Qualora vi andasse di dirmi la vostra, o di segnalarmi la vostra presenza sul sito o altro, scrivetemi qui come commento, o in privato. Sarà bello incontrare altre persone interessate!

A presto!
Andrew

sabato 18 novembre 2017

Su "La leggenda del santo bevitore" (Joseph Roth)

E' passato poco più di un mese da quando ho fatto incetta di libri di seconda mano (ma anche terza-quarta mi sa...) al mercatino dell'usato di Imbersago -luogo che io letteralmente amo!- e una ventina di tarde sere da quando ho scelto di leggere La leggenda del santo bevitore di Roth. Perché questo piccolo libricino si lascia leggere in pochissimo tempo, forse anche meno di un'ora, ma non manca di trasmettere contrastanti sensazioni.
Ammetto di essere stato attratto dall'edizione, la Piccola Biblioteca Adelphi, che mi ha sempre affascinato già al tatto, per le sue copertine di ruvido cartoncino bristol di tutti i colori, così semplici eppure così azzeccate. Non conoscevo quest'opera di Roth -e forse, ora che ci penso, nemmeno Roth- ma qualcosa del titolo e del breve essai sul retro deve avermi catturato e indotto ad aggiungerlo agli altri.

La narrazione di Roth è schietta, senza fronzoli o ricercatezza. Sembra quasi voler sbrigare il racconto nel minor tempo possibile, dando solo un tratto -marcato, ma pur sempre unico- o una sorta di "linea guida" degli avvenimenti al lettore, perché proceda poi con la sua soggettiva immaginazione e le sue personali sensazioni. Certo questa novella lascia un nervosismo di fondo, complici la descrizione tendenzialmente essenziale e "dritta", e una sorta di "distacco emotivo voluto", quasi a non voler in alcun modo influenzare né la storia stessa, i fatti, né il modo in cui li recepirà il lettore. Niente divagazioni, come invece può fare un tanto caro Thomas Mann; niente minuziosi, quasi pennellati ritratti di persone o cose alla Proust: tutto procede come una sorta di inquieta cavalcata, o una ratta camminata simile a quella di qualcuno che cammini nel freddo senza il cappotto, alla volta del primo luogo caldo vicino.

Il nervosismo, per quanto mi riguarda, è alimentato anche dai continui andirivieni di tensione/distensione: questo soggetto avvinazzato di nome Andreas (a quanto pare i pessimi soggetti portano tutti questo nome, compreso il sottoscritto!), il quale si gonfia di nobile e spirituale entusiasmo che finisce sempre per sciogliersi di fronte al dio soldo, incontrato "fortuitamente" più volte sulla strada; il ripetersi dell'illusione di ritenersi un uomo d'onore, per poi perdersi al primo alone di un vecchio amore, o ad un'ombra più buona di vino, un letto a baldacchino più chic in un hotel; il lato recidivo della sua persona, recidivo nel ricascare nello stesso errore tanto quanto nel autoconvincersi di non essere qualcosa che, di fatto, è, ovvero un uomo a tratti opportunista -anche a causa della povertà, dalla fame e dalla trascuratezza che si trascina dietro da tempo (in questo ricorda un po' le Confessioni di un oppiomane di De Quincey, che ho recensito a loro volta con questo articolo)- in grado di barattare la dignità e la presunta nobiltà d'animo con un bicchiere di vino in più.

La novella si chiude in pochissime righe, e questo non distende né appaga il lettore: anzi(tutto), ci si sente come di aver tenuto testa a tutti i finti picchi di tensione letteraria per poi avere una conclusione eccessivamente sbrigativa (e forse anche poco "emozionante"), e diversi punti interrogativi su alcuni personaggi citati; in secondo luogo, ci si sente quasi presi in giro, perché si giunge a un finale forse un po' scontato, e per di più "bruciato" dall'asciuttezza di linguaggio, come se si ascoltasse una persona raccontarci una storia per un'ora per poi vederla scappare via di colpo per un contrattempo, narrandoci la fine in tre parole, mentre si allontana.

Ad ogni buon conto, non mi pento né dell'acquisto né della lettura. Ha comunque qualcosa di singolare, sia nel modo in cui è scritto, sia nelle sensazioni di fastidio o simili che suscita. Ed il fatto di istigare precise e intense emozioni, anche se non quelle solitamente sperate o attese da un lettore, lo rende un piccolo libro con il quale Roth può aver centrato un suo ipotetico obiettivo di disilludere, di infastidire e lasciare insoddisfazione, senza per questo scollare dalle pagine gli occhi di chi lo avrebbe letto.

Andrew

venerdì 17 novembre 2017

La mia silloge "Mùrmure" ora è disponibile anche su ilmiolibro.it!

Finalmente sono riuscito a ri-editare la mia raccolta di poesie del 2010, "Mùrmure", anche dal sito ilmiolibro.it!

Sono passati ormai 7 anni abbondanti da quando creai questa silloge (in un tempo brevissimo, nonostante quasi tutte le poesie siano state scritte in un arco di 10 mesi), e per quanto non mi riconosca più in un certo modo di scrivere o di descrivere, ho sempre creduto sia un'opera che abbia avuto la sua importanza, il suo ruolo "vitale" per me: segna una tappa, una svolta da un periodo per me nient'affatto sereno, durato tre anni buoni, la mia uscita e una sorta di mio ritorno alla vita dopo un lungo stato di apparente "apatia" (se vogliamo, anche una depressione mai presa veramente per tale).
E' una raccolta di poesie piuttosto dirette e molto immaginative, ricca di metafore e visioni. Ma è anche una sorta di percorso personale che, con il senno attuale, sembra quasi una fase di contrappasso o di purgatorio per liberarmi da certi pesi e certi tormenti dell'animo.

Non voglio dilungarmi troppo perché amo più parlare di concerti, arte e di altro che di me. Ma per chi volesse, ora è più facile -nonché veloce e meno dispendioso in spese di spedizione!- regalarsi questa mia raccolta.

Per chi volesse, è possibile acquistarla QUI

la nuova copertina
Spero possiate interessarvi in molti! Sono comunque a disposizione per chi volesse farmi domande o altro prima di un eventuale acquisto.

A presto!
Andrew

martedì 14 novembre 2017

Concerto del "Sestetto Stradivari" (Rassegna "Merate Musica" 2017/2018)

Su di uno sgabello di pianoforte, settimana scorsa trovai un opuscolo pubblicitario della stagione Merate Musica. Devo dire che è capitato proprio, come si suole dire, a fagiuolo, perché, fino a prima di questo piccolo lieto evento, stavo gettando la spugna per quanto riguarda il trovarmi un'occasione di ascoltare concerti nelle vicinanze. Nella serata di Sabato 11 Novembre era previsto un concerto con un programma per me davvero "da gola": i due Sestteti per archi Op.18 e Op.36 di Brahms, interpretati dal Sestetto Stradivari.

Tenendo conto che, a mio parere, Brahms ha toccato alcune delle più alte vette della sua intera produzione -nonché della musica cameristica nella storia della musica- proprio con le composizioni da camera, sono corso all'occasione senza esitare. L'Auditorium di Merate, peraltro, è una bellissima struttura inserita all'interno del municipio: non enorme ma molto ben costruita, essenziale ma accorta ed assai accogliente, con tantissime componenti lignee, le sedie verde mela, un bel palchetto, un piano superiore con una "ringhiera" in vetro (ed è lì che mi sono piazzato!) ed una acustica adatta allo scopo.


Le esecuzioni del Sestetto Stradivari si sono distinte per una tenuta praticamente perfetta delle rotondità dei suoni e delle intonazioni, delle esaltazioni delle linee melodiche e delle polifonie; una gestione interessante delle agogiche (soprattutto nello Scherzo dell'Op.18) e dei dialoghi fra gli strumenti.
Il Sestetto Op.18 in Si bemolle maggiore -composto nel 1860 da un 27enne Brahms- si è aperto con un Allegro ma non troppo senza sentimentalismi né particolari libertà di oscillazioni agogiche (come è solito fare, ad esempio, prima della ripresa, in cui si tende a cedere un po' per far risaltare il da capo del ritornello), ma con un suono sempre caldo e morbido, appassionato. Il famoso Andante, ma moderato, anch'esso dal piglio profondo e pieno in tutte le sue variazioni, è stato eseguito benissimo (certe agilità della coppia di violoncelli, uniti al suono sempre ben declamato, sono da ricordare) con un'espressione consistente ma non "svenata". 
I due movimenti che più mi hanno colpito sono stati lo Scherzo ("Allegro molto", con un trio nella sezione centrale "Animato") e il Rondò conclusivo ("Poco allegretto e grazioso"): il primo dei due caratterizzato da una pronuncia e uno spiccato senso della danza, tanto da ricordarmi certi splendidi scherzi delle Sinfonie 6 e 7 di Beethoven, pieni di quel brio vivace che sa proprio di "ritrovo popolare"; il secondo, contrariamente alle normali aspettative, vicino alle idee del primo tempo, con un piglio più rapido di quel che conoscevo, una cura per il suono ed il fraseggio veramente notevoli ed una coda -"animato, poco a poco più", come da partitura- davvero cangiante e travolgente.

Una pausa di qualche minuto ha separato dal secondo Sestetto, Op.36, in Sol maggiore. Composto tra il 1864 ed il 1865, è spesso chiamato anche "Agathe Sextet" per la presenza di una serie di note nel primo movimento, ovvero la/sol/la/pausa/si/mi che corrispondono, nella nomenclatura tedesca, proprio alle lettere A-G-A-(T)-H-E (la T corrisponde ad una pausa di un quarto), in onore di una donna di cui il giovane Johannes si innamorò profondamente nel 1858 durante un soggiorno a Göttingen, ma che poi abbandonò -pentendosene, poi, amaramente per parecchio tempo: ad un amico, infatti, ammise di essere stato uno stupido nei suoi confronti- alle soglie di un matrimonio quasi certo.
Questo Sestetto differisce molto, per certi versi, dal primo. Sin dal primo tempo, Allegro non troppo, sembra esserci una ricerca quasi "spaziale" della musica, con piccoli enunciati che sfilano da uno strumento all'altro, sostenuti da un dolce tremolo di una delle viole. Ogni spunto tematico è continuamente oggetto di sviluppo e materiale di esposizione, tremolo compreso. Non da meno, il carattere generale dell'intera composizione sembra più vicino ai toni popolari, anche se sempre molto ricercati nelle armonie e nelle melodie.
Il secondo tempo, Scherzo-Allegro non troppo, è, appunto, popolaresco sia nei pizzicati  e nei mordenti iniziali, sia nelle melodie cantabili che negli stacchi più mossi come la sezione centrale Presto giocoso (momento del brano che a mio avviso il Sestetto Stradivari ha reso fantasticamente). Il Poco Adagio successivo si riversa su una cantabilità cromatica complessa, sinuosa ed affascinante, piena di chiariscuri, come il gioco imitativo del più animato o la sezione Adagio, molto dolce.
Il finale, Poco Allegro, che inizia con un episodio fugato per poi alternarlo continuamente ad un tema di ispirazione semplice e popolare che sgorga nel registro medio basso e ad intervalli di seste, resta a parer mio uno dei brani più belli della musica per archi. Il tempo staccato dagli esecutori, questa volta, è stato più seduto del previsto, ma l'articolazione dei temi fugati e di quelli popolari ne hanno giovato in particolarità ed interesse. Bellissima la coda in Animato, che nasce dal fugato portandolo come alla saturazione sonora, e concludendo fragorosamente e nel pieno dell'esaltazione sull'accordo di tonica.

Al terzo richiamo sul palco, il Sestetto Stradivari ci ha salutati con un'esecuzione notevole del  terzo movimento del Souvenir de Florence di Cajkovskij.
Credo di aver scritto anche troppo. Ma chiedo venia, e mi giustifico con le belle emozioni che ho provato nell'ascoltare, per la prima volta dal vivo, due fra i brani che più amo nella musica da camera.
Lascio come sempre qualche fotografia.






Alla prossima!
Andrew

lunedì 13 novembre 2017

La "Missa in illo tempore" di Monteverdi (rassegna "Vespri Musicali in San Maurizio" - Milano)

Con un ritardo di ben due settimane, finalmente riesco a mettermi al pc e scrivere gli ultimi post che ho lasciati in sospeso. Impegni vari e contrattempi -che, nella mia vita, guai a mancare!- mi hanno impedito di farlo prima, purtroppo.

Sabato 28 Ottobre scorso ho potuto ascoltare uno dei brani sacri che più amo in assoluto: la Missa in illo tempore di Claudio Monteverdi, interpretata magnificamente dal Ensemble Biscantores, diretti dal M° Luca Colombo, presso il "Coro delle Monache" della meravigliosa Chiesa di San Maurizio, a Milano.
Nell'organico erano presenti anche una stupenda viola da gamba (Luciana Elizondo) e un piccolo organo portatile (Gianluca Viglizzo).

Un collage fotografico di scorci della chiesa, compresa l'imponente corale
La Missa in illo tempore a 6 voci con continuo, è stata composta da Monteverdi negli anni mantovani e porta questo nome in quanto scritta sopra il mottetto In illo tempore del Gomberti. Assai complessa, richiede enorme e costante concentrazione da parte del coro e non meno attenzione alla parte, al fine di mantenere precisi l'insieme e la concatenazione delle ardite polifonie, delle imitazioni, e consentire una declamazione chiara del testo. In questo, i Biscantores sono stati veramente degli ottimi interpreti: l'impasto sonoro era davvero meraviglioso, le voci soliste altrettanto, la discorsività fluida ma non affatto superficiale. I momenti del Kyrie, del O qual pulchra es, del Credo in unum Deum e del Agnus Dei I/II sono stati, per me, i momenti più alti di una già riuscitissima esecuzione. Ma non voglio esprimermi troppo in questo modo, rischio di essere troppo personale (leggete: queste sono anche le parti della Missa che amo di più).

Il programma del concerto si chiudeva con le Litanie della Beata Vergine, dello stesso compositore, brano lungo e complesso, denso e ricco di chiariscuri e dissonanze -tipiche quanto efficacissime- spesso presenti nella musica di Monteverdi.
Uno scroscio di applausi ha ringraziato l'Ensemble delle emozioni regalate (a tratti veramente commoventi) e della direzione molto curata.

Sono molto felice di essere stato presente, e di aver poi seguito alcuni coristi ed amici a cena, stando in compagnia.
Ora non mi resta che trovare una esecuzione della Missa Papae Marcelli di Palestrina e posso dirmi soddisfatto (almeno credo!)!
Lascio qualche foto...






A presto!
Andrew