Rieccomi,
la fretta non mi permette di fermarmi particolarmente, ma condivido con piacere la mia intervista alla pianista Ingrid Carbone in occasione del suo disco dedicato a Liszt, "Le sentiment de la nature".
L'intervista si può leggere a questo link sul sito di Le Salon Musical, oppure qui di seguito:
"Ingrid Carbone e
il “Sentimento della Natura”
Di recente
incisione è “Le Sentiment de la Nature”, secondo disco interamente lisztiano
della pianista Ingrid Carbone, che presenta una selezione di brani estratti
dalle Harmonies poétiques et religieuses,
dalle Années de Pèlerinage e dalle
due Légendes.
Per l’occasione
ho intervistato Ingrid, che molto volentieri ha risposto alle mie domande.
Il suo disco si chiama “il sentimento della natura”.
Leggendo le note di Chiara Bertoglio, si possono riassumere tre “ricorrenze”
fondamentali, sia del disco che della figura di Liszt: l’elemento della natura
come fattore ispiratore sublimato; la letteratura, quale fonte descrittiva e di
contemplazione; la componente religiosa, che per il compositore sfocia in una sentita
attrazione per il trascendente.
Quanto
tutto ciò ha influenzato le scelte di repertorio per il suo disco?
La risposta è
indubbiamente positiva: si tratta del mio terzo CD, e del secondo dedicato a
Liszt. Già nel primo CD l’attrazione verso queste tre “ricorrenze” si era
palesata: Sonata Dante, Six Consolations, Légende n.2: St. François de Paule marchant sur les flots
e Liebestraum n.3 lo testimoniano. Tuttavia, non posso nascondere che con il passare
del tempo queste tre “ricorrenze” stanno sempre più diventando le “mie
ricorrenze”. Non è un caso, infatti, che il mio secondo CD sia stato dedicato a
Schubert con i quattro Impromptus Op.90 e i Six Moments Musicaux Op.94.
Ma aggiungo che la mia vita quotidiana, e quindi anche al di là delle scelte di
repertorio, è continuamente accompagnata (direi anzi, segnata) da un crescente
amore verso la natura e verso gli animali, da ripetute battaglie in difesa dei
deboli (e non solo degli animali). E poi c’è il mio continuo pormi domande,
cercare risposte, trovarle e non trovarle, tutto stimolato dall’altra mia
fedele compagna – la lettura. Si tratta di un mix che naturalmente mi spinge
verso un certo repertorio. In questo mio ultimo CD sono presenti la Légende n. 1: St.
François d'Assise (La prédication aux oiseaux), e Les jeux d’eaux à la Villa d’Este con il suo significato
altamente religioso estrinsecato dalla magia delle acque (quelle terrene e
quelle della vita eterna): si tratta di due brani in cui natura e religiosità
si fondono mirabilmente. D’altra parte, Invocation
(con la sua citazione di Lamartine) e Funérailles
sono entrambi tratti dalle Harmonies poétiques
et religieuses. Per finire con la Vallée
d’Obermann, così legata a Byron, a Senancourt, alla bellezza dei paesaggi
svizzeri. Insomma, cinque brani accuratamente scelti proprio in rispetto delle
tre “ricorrenze”.
Quanto, e in che modo, le informazioni note riguardo
questi pezzi hanno contribuito alle sue scelte interpretative?
Se come
informazioni note intende le interpretazioni presenti in discografia, devo dire
che io non le prendo mai come riferimento: ascolto tanta musica, e non solo per
pianoforte, ma quando inizio a studiare un brano cerco la mia interpretazione,
e evito di ascoltare altre registrazioni, se pur autorevoli. Se, invece, si
riferisce a tutto ciò che “accompagna” l’elaborazione di ogni brano, e che
comprende dunque lo studio della vita del compositore e il suo percorso
creativo, il contesto storico, le diverse fonti di ispirazione (come
letteratura, pittura, natura, religione), le testimonianze epistolari, allora
tutto ciò non solo contribuisce, ma determina le mie scelte interpretative. Lo
spartito diventa il punto di partenza di un lungo percorso che si arricchisce
sempre di nuovi elementi e che porta alla mia personale interpretazione che mi
auguro sempre sia vicina a quello che il compositore aveva inteso.
Il virtuosismo di queste composizioni ha un ruolo
differente rispetto a quello di altri brani di bravura; come ha approcciato
alla componente virtuosistica? Che significato musicale ha avuto per lei?
In Conservatorio
ho avuto la fortuna di essere seguita da maestri di grande spessore, che mi
hanno fornito le basi necessarie per affrontare qualsiasi difficoltà, nonché
disciplina e metodo di studio. Non ne ero certo pienamente consapevole a quel
tempo, ma col passare degli anni me ne convinco sempre di più. Dunque, le
difficoltà tecniche non mi spaventano mai quando studio un nuovo brano, mentre
l’interpretazione mi richiede sempre tempo e lavoro certosino. Ma il
virtuosismo di Liszt non è mai fine a sé stesso, e questo è un altro aspetto
affascinante della sua musica. In
realtà, io intendo il virtuosismo come un mezzo, e non come un fine, e in Liszt
questo mio approccio si rivela essenziale. Ho inciso la Sonata Dante nel mio CD d’esordio: è considerata uno dei brani più
difficili del repertorio pianistico, dopo la Fantasia Wanderer di Schubert (anch’essa nel mio repertorio). Anche
lì la tecnica e il virtuosismo mi sono serviti per consentirmi di esprimere tutte
quelle emozioni, quelle “immagini” così chiaramente indicate ed evocate da
Liszt. I cinque brani presenti nell’ultimo mio CD richiedono ciascuno delle
abilità tecniche avanzate e differenti: non solo le famose terzine di ottave
dei Funérailles, non solo i rapidi
arpeggi di Les jeux d’eaux à la Villa
d’Este, non solo le scale di ottave della Vallée d’Obermann, tanto per citare tre brani noti per il loro
virtuosismo, ma anche Invocation e la Légende dedicata a Francesco d’Assisi
(brani meno famosi) necessitano di abilità tecniche notevoli. Invocation ha richiesto una grande
attenzione per le sonorità maestose richieste: f, ff, e fff devono essere resi senza durezza,
senza spigolosità, ma sempre pensando che si tratta di un omaggio alla
magnificenza del creato e del creatore. Credo però che, tra tutti, la leggenda
dedicata a San Francesco d’Assisi
sia quella che ha richiesto maggiore lavoro, ed è stato un lavoro lungo ma
entusiasmante alla ricerca del tocco giusto (e della tecnica giusta) per far
“cantare” vari tipi di uccelli. Dunque, un grande virtuosismo al totale
servizio della musica.
Crede che la “musica a programma” – in questo caso,
per pianoforte – possa in qualche modo “viziare” l’ascolto e la percezione di
un brano? Oppure ritiene che resterebbe invariata a prescindere dalla
consapevolezza o meno di tali informazioni?
Più che
“viziare” direi “indirizzare”. Premesso che l’ascolto della musica è sempre
soggettivo, in quanto condizionato da molteplici fattori, resta il fatto che
già solo il titolo (possibilmente autografo) indirizza l’ascoltatore verso la
giusta sfera emozionale. E ciò può essere solo positivo. Ovviamente, una
corretta interpretazione della “musica a programma” già dovrebbe
(sperabilmente) trasmettere all’ascoltatore emozioni, sensazioni, evocazioni
adeguate. Liszt, attraverso la sua musica, narra una storia, dipinge un quadro,
recita una poesia: spiegare i brani ancor prima di eseguirli, accompagnando
così l’ascoltatore dall’inizio alla fine dei ciascun brano, fornendo esempi,
chiavi di lettura, elementi tecnici o melodici che individuano univocamente quel brano e solo quello, non
solo non limita e non “vizia” l’ascolto, ma lo arricchisce, aumentando la
consapevolezza e, perché no, gratificando l’ascoltatore nel momento in cui
riconosce i vari passaggi significativi descritti nella presentazione. È
esattamente quello che cerco di fare attraverso le mie conversazioni-concerto: il riscontro del pubblico mi spinge ad
andare sempre di più in questa direzione.
Cos’è per lei il trascendente? Dove, a suo dire, lo si
può riscontrare nei brani scelti?
A una domanda
così complessa rispondo con estrema sintesi: il trascendente è per me la mia
musica. Sempre. E’ la mia maniera di entrare in un’altra dimensione, di essere
me stessa, di sentirmi in sintonia e in armonia con il mondo, e allo stesso
tempo essere di volta in volta ciò che eseguo: gli uccelli che cinguettano, San
Francesco d’Assisi che predica e benedice, gli zampilli e le cascate dei Jeux d’eaux à la Villa d’Este, le
campane che suonano a morto nei Funérailles,
lo stupore di fronte alle bellezze della natura e alla straordinarietà del
creato nella Vallée d’Obermann, la
spiritualità e la religiosità di Invocation.
In conclusione,
con la mia musica anelo e contemplo l’infinito."
A prestissimo!
Andrew