sabato 30 aprile 2022

Andrea Cantù racconta la prima edizione del suo Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco

Ciao!

Dopo tantissimo tempo torno qui per condividere con voi un articolo scritto in questi giorni per Le Salon Musical che mi sta abbastanza a cuore. Si tratta di un'intervista che ho fatto ad Andrea Cantù, pianista lecchese (come me) nonché direttore artistico del Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco, che è stato inaugurato proprio quest'anno.

L'articolo può essere letto a questo link, oppure qui di seguito:

"Andrea Cantù racconta la prima edizione del suo Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco

Il territorio lecchese, del quale anche il sottoscritto è natio, ha recentemente visto la nascita del “Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco”, ambizioso progetto musicale del giovane pianista Andrea Cantù, anch’esso lecchese. I quattro concerti si sono svolti presso la Casa dell’Economia, ed hanno ospitato musicisti di rilievo, quali Pascal Rogé (in duo a quattro mani con Barbara Binet), Yehuda Inbar, Sinziana Mircea; e lo stesso Andrea Cantù – che per l’occasione ha eseguito l’integrale dei 27 Studi di Chopin.

Ecco a voi un’intervista realizzata qualche giorno fa al Direttore Artistico:

Da poco si è conclusa la prima edizione del Festival Pianistico Internazionale da te organizzato. Come è nato questo progetto? L’hai realizzato da solo?

La mia idea era anzitutto quella di portare a Lecco una ventata di musica internazionale di alta qualità, ma anche di valorizzare la mia collezione di pianoforti storici e fortepiani, rendendoli protagonisti di eventi unici e indimenticabili. Il progetto è stato pensato e realizzato da me, ma non posso evitare di pensare e di ringraziare per il prezioso supporto organizzativo alcuni membri della mia associazione Cantici di Libertà, così come, per il supporto economico, diverse realtà pubbliche e private del territorio.

Per i concerti è stato adottato, come hai detto, un pianoforte “storico”. Di che modello si trattava?

È stato utilizzato un pianoforte grancoda Erard del 1867, appartenuto al compositore Vincenzo Tommasini, e prima ancora al padre Oreste, importante storico e diplomatico. Si tratta di uno strumento particolarissimo: oltre che essere, dal punto di vista estetico, una meravigliosa opera d’arte – con i suoi profili di ottone incastonati in un palissandro del Rio leggermente scurito, e la sua tastiera in avorio perfettamente conservata – è diretto testimone e rappresentante di quella che si può definire come la “golden age” di costruzione dei pianoforti ottocenteschi francesi, amati dai più grandi musicisti del tempo, quali Liszt, Moscheles, Thalberg.

Da dove è venuta l’idea di affidarsi a uno strumento di questo tipo?

L’idea di regalare al pubblico del Festival l’ascolto di musica di Schubert, Chopin, Ravel e molti altri, attraverso uno strumento del genere, è nata dalla volontà di ricreare alcune atmosfere magiche che questo speciale Erard, un po’ come una macchina del tempo, riesce naturalmente a evocare. Essendo, inoltre, lo strumento legato a Vincenzo Tommasini, l’intenzione era anche quella di ricordare il compositore romano e di farlo conoscere a un pubblico più ampio rispetto a quello ultra-specializzato dei musicofili. Personalmente, infatti, ho scelto di aprire il mio concerto proprio con un suo pezzo, una sua toccante berceuse dedicata ad Alfredo Casella, suo intimo amico.

Che accoglienza hai riscontrato da parte del pubblico, dall’ambiente lecchese in generale, e dagli artisti che hanno preso parte al Festival?

Riporto direttamente un messaggio, che secondo me condensa tutto, ricevuto da parte di uno spettatore alla fine del Festival: “Un ringraziamento di cuore per le belle giornate di musica, una boccata di ossigeno in un panorama di desolazione. Un abbraccio affettuoso, a presto”.

Amplierei il discorso dell’accoglienza del pubblico a un panorama che, a partire da quello lecchese, si vuole aprire, passo dopo passo, anche al mondo: già a questa prima edizione sono giunte persone da Svizzera, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. È un ottimo segno, che delinea l’orientamento da seguire per il futuro: l’internazionalizzazione. Per quanto riguarda, poi, la percezione del Festival da parte degli artisti coinvolti (provenienti da Francia, Israele, Italia e Romania) abbiamo ricevuto molti apprezzamenti, nonché entusiasmo e affetto.

Hai in mente altre idee per il futuro? Ci saranno altre edizioni?

Anche a seguito degli incoraggiamenti ricevuti, farò di tutto perché il Festival possa proseguire nei prossimi anni e divenire una realtà sempre più importante, coinvolgendo per ogni nuova edizione un diverso pianoforte storico."







A presto spero!

Andrew