Ciao a tutti!
Scrivo un po' di fretta oggi, purtroppo. Ma non voglio mancare di condividere con voi la mia recensione del concerto che il grandissimo Mario Brunello ha tenuto a Bergamo lo scorso 24 Ottobre. Un concerto davvero pazzesco, interamente dedicato a Bach.
L'articolo è possibile leggerlo QUI sul sito ufficiale de Le Salon Musical, ma lo condivido per intero come sempre di seguito:
"Mario
Brunello in Sala Greppi: Bach, due violoncelli e “quattro soli”
Programma
monografico quello eseguito dal violoncellista Mario Brunello lo
scorso 24 Ottobre presso la Sala Greppi di Bergamo. La figura paterna
del grande Johann Sebastian Bach è protagonista assoluta tramite la
selezione di quattro composizioni fra le Suites, le Sonate e le
Partite per violoncello solo.
Si tratta di
“quattro soli su dodici”, dice lo stesso Brunello nella sua
piacevole introduzione al concerto. Ma non di soli perché
trattasi di opere scritte per lo stesso unico strumento: le dodici
composizioni per violoncello del genio di Eisenach costituiscono una
sorta di splendido e compiuto universo, una micro-macro galassia di
una dozzina di pianeti unici, una costellazione equilibrata nella
quale l'assoluta equità di valore e importanza fra un astro e
l'altro ne fanno colonna indiscussa del repertorio violoncellistico e
del lascito della storia della musica. I loro nomi non distinguono
che le caratteristiche formali: le Suites o le Partite
quali successioni di danze antecedute da un brano introduttivo di
natura differente, sovente in stile più toccatistico o
improvvisativo; le Sonate,
diversamente, volgono lo guardo alla omonima forma musicale
che stava gradualmente imponendosi nel mondo musicale dell'epoca, e
che sarebbe divenuta protagonista assoluta del successivo
classicismo.
Una luce
parca e mielata avvolge Mario Brunello sul palco. Tutto è
essenziale, quasi povero, o senza contorni definiti, eppure non si
percepiscono mancanze.
L'intero
concerto è un susseguirsi di luci ed ombre, di luminosità
“positive”, brillanti, come per la Suite n.3 BWV1009 in Do
maggiore, in cui la semplice scala della tonalità di impianto da
enfatico gesto d'apertura si fa fondamentale cardine costruttivo; a
luci più distanti, calori più scuri, contatti con regioni
ripiegate, eccitazioni e tensioni più taglienti – oltre che a una
scordatura dello strumento – come nella Suite n.5 BWV1011
in Do minore, detta peraltro discordable.
Caso vuole
che quest'ultima si aggrappi, invece, per lo più ad un elemento
scalare ascendente, dando agio all'immagine di un sorta di “punto
zero” tra le due suites, un ideale piano cartesiano in cui entrambe
si riflettono, si toccano, si esaltano e si compensano: la gioiosità
più aperta con l'inquietudine più meditabonda, la tenerezza con la
serietà, l'eloquenza con il mistero.
La libertà
espressiva di Brunello è in sintonia perfetta con le partiture, si
intreccia armoniosamente, non le disturba. Emerge davvero molto
dell'umanità di questo straordinario esecutore, senza trasfigurare
nulla, aggiungendo anzi una vibrazione toccante alla musica.
Per la
seconda parte è il violoncello piccolo a fare da portavoce. In
programma ci sono la Sonata n.2 BWV1003 in La minore e la
Partita n.3 BWV1006 in Mi maggiore, descritte nei loro tratti
salienti ancora una volta dalla voce calma e pacificante del nostro
interprete, prima dell'esecuzione.
La Sonata
BWV1003 costituisce un sole abbastanza distante, per
concezione, dalle precedenti suites, e non manca di elementi davvero
curiosi. Il Grave che apre la composizione, in stile
tipicamente francese, riccamente ornamentato, è seguito da una lunga
e massiccia Fuga, dal
tema quasi danzato e con ricchi sviluppi cromatici. L'esecuzione di
Mario Brunello qui non lascia spazio ad attese, tenendo vive
l'attenzione e la febbrile tensione emotiva fino alla chiusa. Quindi
ecco l'Andante, pagina dolcissima di grande interesse per la
tecnica strumentale, che consente di realizzare un cantabile e una
sorta di auto-accompagnamento contemporaneamente. Tale sezione è
racchiusa come il cuore di un fiore – o forse sarebbe meglio dire
il centro di un “sotto-sole”, di un satellite – fra due
altre assai simili (ABA) interamente da suonarsi in pizzicato,
alludendo probabilmente alle fragili sonorità liutistiche.
Chiude la
composizione un Allegro serrato di non semplice esecuzione, ma
che Brunello supera senza alcun ostacolo e con un'intensità
notevole.
La Partita
BWV1006 differisce molto dalla precedente Sonata (anche se
potrebbe essere ad essa assimilata, in quanto la sua tonalità di
impianto costituisce la dominante di quest'ultima), aprendosi con un
lungo Prélude in stile toccatistico, brillante e bravuristico
a cui succede un altro elemento insolito, una Loure, una danza
di origini francesi ispirata dal suono di un omonimo strumento
musicale (simile a una musette de cour)
dolce e in tempo ternario, in stile imitativo e di andamento quasi
lento – nonostante la sua impopolarità, se ne può trovare
un'altra dello stesso autore nella Suite Francese in Sol maggiore
BWV816 per strumento a tastiera. Quindi una Gavotte en
Rondeau, curiosa e sagace coniugazione di due forme musicali; due
minuetti dai caratteri contrastanti, una Bourrée dalle
marcate contrapposizioni dinamiche e la tipica Gigue, che
chiude il concerto con la stessa lieta luminosità che lo aveva fatto
cominciare.
Lunghi e
sentiti gli applausi che richiamano Brunello più volte sul palco
insieme ai suoi due “pargoli”, salutando il pubblico con una
ripetizione dell'Andante della Sonata in La minore,
ancora più calda e vibrante della prima volta."
A presto, spero con importanti novità!
Andrew
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