Pensavo che il sole mi
vestisse del suo crisma tiepido, e che le ombre mi tatuassero docilmente come
un pennello cinese intinto in inchiostro annacquato di Vodka.
Pensavo di profumare ancora di
Autunno, e che il mio cappello mi proteggesse dagli spilli vacui della pioggia
o dagli sguardi insistenti delle nuvole.
Aspettavo il tramonto per
gustare l’imbarazzo senza che nessuno mi notasse, ed il primo mattino per
asciugare le lacrime della notte dagli occhi, improvvisandole brina o rugiada.
Sognavo dolci incubi,
crogiuoli caldi e soffici come cuscini, immagini paradossali ma possibili.
Credevo che non indossando un
orologio il tempo mi aspettasse.
Ma quando ho sollevato il
coperchio del mio scrigno, ho capito che ciò che c’era dentro non sarebbe stato
per sempre. Quindi, l’ho richiuso.
Sto cercando di sincronizzare
il mio respiro, il mio cuore e la mia incoscienza con il ritmo della musica.
Quando ce l’avrò fatta, il mio scrigno diverrà un carillon.
Non dovrò più richiuderci
nulla, anzi, potrò finalmente lasciarlo risuonare.
(Andrew, 10 Aprile 2013)