Credevo di fare qualcosa di buono, venendo davanti ai tuoi occhi di celestina a dirti che non era così.
Mentre
il cd volteggiava orizzontale, mentre i fumi fragranti della musica
disegnavano attorno a noi ghirigori astratti e linee di calore, il mio
fiato fu di troppo. Ma non lo sapevo. Io non lo sapevo.
Guardavo
i tuoi occhi rivolti in avanti, come sempre. [E' raro che tu possa
parlarmi guardandomi nei miei, e non ho tuttora capito se ciò dipende da
una soggezione ispirata da me, o da un tuo raccoglimento personale,
riverenziale, da una tua tenera vergogna.] Li guardavo ed ho sentito sussultare, poi ho abbassato gli occhi, sulle tue mani di cotone e di pèsca.
Non
lo sapevi. Tu non lo sapevi. Non potevi sapere quanto il mio istinto ti
stesse carezzando, disegnando nello spazio, sfiorando come un petalo di
stella alpina.
Parlai, a poca voce,
parlai solo per te, ma sin da subito compresi che non sarebbe stato
quello, che avrebbe resa utile la rottura di quel silenzio.
[Quel
silenzio non era imbarazzante o pesante, era solamente, semplicemente
bellissimo. Più bello di quello in cui si resta a guardare qualcuno che
dorme, più magico di quello che si infiltra alla fine di una esecuzione
al pianoforte, quando il piede si alza ed il pedale si rialza, e
consente al suono di andarsene altrove ma non più lì dove lo tiene.]
Delicatamente
come cristallo bagnato, l'inutilità del mio errore risuonò breve, e si
richiuse come un fiore notturno colpito dall'alba. Uno sbadiglio, le dita sugli occhi, una
carezza sui tuoi capelli di spiga morbida, e tre baci inanellati da
vicino, i nasi a capolino. Il tuo respiro parco sul mio volto e i tuoi
occhi addolciti ancora di più dal chiarore giallo dei lampioni.
Stavo
per lasciarti andare a casa a dormire quando, come due accordi
all'arpa, le tue braccia mi giunsero attorno e tu mi abbracciasti senza
dire nulla. Rimasi così, sorpreso. Rimasi così, adagiato come in una culla, sulla curva fra il
tuo collo e la tua spalla, disteso dal tuo profumo fresco, finché non
fosti tu ad allentare la tua dolce morsa.
Non lo sapevi. Tu non lo sapevi. Non potevi sapere, e non avresti saputo. Questa volta non avrei interrotto il silenzio. Questa volta ti avrei soltanto sorriso senza guardarti, perché stavo tanto bene in quella curva, che altro non avrebbe potuto descriverlo meglio.
A.
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