lunedì 12 marzo 2018

Su "Musica per organi caldi"/"Hot water music" (Charles Bukowsky)

Ho recentemente finito di leggere Musica per organi caldi, raccolta di 36 racconti di Charles Bukowsky. Dopo aver, per anni, sentito parlare di questo scrittore e averne letto qua e là aforismi e poesie, mi sono deciso ad acquistare un libro, lasciandomi puramente ammaliare dal titolo. Ricordo che ero a Crema quel giorno, e passeggiando per il centro pedonale mi sono imbucato in una libreria.

Musica per organi caldi -titolo originale Hot water music- a detta della traduttrice Viciani, è un'opera di un Bukowsky al suo meglio. Contiene sia narrazioni autobiografiche (sotto lo pseudonimo famoso di Chinaski, nei cui panni l'autore si cala per come è, senza aggiungere praticamente nulla) che altri scritti di pura invenzione. Alcuni sono permeati di pura follia. Altri ricalcano a pieno episodi vissuti.
E questo si evince. Nei racconti di vita vissuta, anche se con un altro nome, traspare l'animo di una persona vera, terrena. Forse un po' caricata nel personaggio che la gente -e lo stesso Charles, bisogna ammetterlo- ha tracciato, ma comunque autentica.
Ho intenzione di leggere anche qualcos'altro, però. Una raccolta di poesie, forse. O magari un'altra selezione di racconti. Ho evitato l'arcinoto Storie di ordinaria follia perché il mio bisogno di non fare tutto ciò che fanno tutti ha preso il sopravvento. Ma forse toccherà anche a me...

Gli argomenti che vengono sistematicamente affrontati e vissuti sono sempre quelli: lo stato di precarietà economica, il vizio del bere, il sesso e la passione per le donne, la psiche e le emozioni del protagonista (a volte anche dei personaggi che passano nella scena).
Dicevo poco sopra, leggerò credo anche altro di Bukowsky. Più per un interesse personale che per una passione per lui. Mi spiego. Durante la lettura ho avuto momenti di fastidio, a tratti repulsivi nei confronti del suo personaggio. E vorrei potermi ricredere.
Questo ruolo di artista abbandonato ad una sorta di noia per la vita, cinico e disinteressato di tutto tranne quando punta un obbiettivo (una donna, una persona influente, soldi...) mi è risultato un po' troppo forzato. Poco naturale, esagerato rispetto al vero. Non dubito affatto che Bukowsky potesse essere una sorta di maudit del tardo '900, non dubito del suo smodato cinismo o del suo lato sfrenato e libidinoso, ma spesso sembra quasi voglia appositamente giocare sull'immagine che la gente si è fatta di lui, utilizzandola a suo vantaggio. 
Non che ciò sia un danno, a dirla tutta, in fondo. Dipende dal fine. Se il fine è quello di vendere il più possibile e farsi conoscere, mantenere l'occhio del faro su di sé, è certamente un modo. Soprattutto se l'alternativa è non essere considerati per nulla (ricordo che Bukowsky accettò una somma irrisoria -da fame- ma fissa, al mese, pur di abbandonare un lavoro alle poste e occuparsi della sua scrittura). Però boh, la mia sensazione è che spesso si sia volutamente adombrato e abbia indossato i panni dell'idea del suo lettore medio, in modo da tenere viva la curiosità.

Tornando ai racconti, in alcuni di essi ho trovato anche alcuni pensieri interessanti, che in sé possono esulare dal contesto ed essere presi come spunti di riflessione. Talvolta perché sottolineano dettagli non immediati, altre volte perché sono così frizzanti e particolari da stimolare la fantasia.
In La strusciata del cane bianco si può leggere: "[...] solo le persone noiose si annoiano. Devono mettersi alla prova continuamente per sentirsi vive". Oppure, in Colpi a vuoto, una riflessione fredda -ed ovviamente cinica- sull'amore dice: "L'amore è una forma di pregiudizio. Ami ciò di cui hai bisogno, ami ciò che ti fa stare bene, ami ciò che ti torna più utile". 
La tipologia di scrittura, caratterizzata da frasi spesso molto brevi, descrizioni nette e senza troppo girarci intorno, portano Bukowsky a suscitare un senso di modernità senza tempo, in un arco di tempo che a me è parso possibile di circa 200 anni. Il suo stile è evocativo senza dire tutto, spesso dicendo pochissimo. Trasmette sensazioni di tensione, di grande malinconia, di eccitamento accennando soltanto qualche dettaglio. Insomma, si fa intendere.

Concludo con un accenno al racconto che mi ha più divertito, Altro che Bernadette. Al limite del comico, sagace nel tenere il dottore (ma anche il lettore) in tensione e in ascolto fino alla fine. Andatelo a cercare, se vi va.

A presto!
Andrew

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