Eccomi qua!
Avevo detto che la catena di concerti mozartiani non era ancora terminata, e infatti sono a condividere l'articolo che ho scritto a riguardo di un'occasione speciale e prestigiosa: sul palco, elementi dei Wiener e Berline Philharmoniker, e dal Rooyal Concertgebow di Amsterdam hanno eseguito le trascrizioni per ottetto di fiati del Ratto del Serraglio, e la celebre "Gran Partita" di Mozart.
Inutile sarebbe dire di più di quanto - con non poca fatica - ho descritto nell'articolo su Le Salon Musical: eccellenti musicisti, ottime esecuzioni.
Perciò non mi dilungo oltre e copio di seguito l'intero testo pubblicato:
"Cosa ci
potrebbe essere da dire, o da commentare senza scivolare nell'ovvio o
nel banale quando gli esecutori di un concerto sono fra i migliori
musicisti dell'attuale panorama internazionale? Sabato 23 Febbraio
scorso la rassegna Merate Musica ha proposto al suo affezionato
pubblico una serata di vera eccezione: alcuni elementi provenienti
dai Berliner e Wiener Philharmoniker, e dal Royal Concertgebow
Amsterdam si sono riuniti sul palco dell'Auditorium Comunale di
Merate per un programma a tutto Mozart davvero interessante e, in un
certo senso, anche abbastanza inusuale: la celebre Gran Partita
K.361 in Si bemolle maggiore e una serie di pagine estratte dal
Ratto del Serraglio K.384, in una splendida trascrizione per
ottetto di fiati.
Proprio con
queste ultime i nostri musicisti hanno “dato il La” al concerto.
A partire già dall'Ouverture, la frizzantezza della scrittura
mozartiana e la forte caratterizzazione dei personaggi di questo
meraviglioso singspiel trovano perfetta collocazione pur non
essendoci alcuna scenografia. Il colore delle voci liriche quindi si
spoglia, si riveste del timbro pastoso dei fiati – sorretti per
tutto il concerto da un ottimamente dosato suono di contrabbasso di
Iztok Hrastnik – e si trasforma in qualcosa di più intimo, di più
vicino al pubblico, senza però perdere nulla dell'immagine
originale. Impeccabile la sincronia e gli impasti strumentali, la
ricerca di un'intenzione musicale condivisa e convincente (si
potrebbe dire “co-creata”) così come la sporadica sottolineatura
di frammenti, imitazioni o citazioni, attribuendo a un timbro o
l'altro un suono più rilevante.
Sia nelle
trascrizioni del Ratto del Serraglio che nella Gran
Partita, il ruolo del primo oboe ha un certo – più o meno
velato – protagonismo. In questo senso, non si può non fare
menzione alla figura di Andrey Godik, strumentista veramente
virtuoso, stupendamente musicale nonché ottima “bacchetta”
dell'intera serata. A lui si è alternatamente associato e
contrapposto il fagottista Sergio Azzolini, musicista dotato di
straordinaria – si potrebbe dire anche contagiosa – energia
interpretativa e carica comunicativa, oltre che di innegabile
bravura. Ulteriore, necessario accenno va alla perfetta intonazione
dei corni da caccia, dei corni di bassetto e del duo di clarinetti,
che non poco hanno contribuito nell'eccellente riuscita del
programma.
La Gran
Partita in Si bemolle maggiore K.361 resta fra le serenate
mozartiane la più particolare e la meno convenzionale, oltre che una
delle maggiormente ispirate. La varietà della scrittura strumentale,
l'attribuizione di momenti solistici a quasi tutti i componenti (per
non parlare degli episodi a mo' di concertino) e la ricchezza
armonica ne fanno una composizione unica e assolutamente compiuta.
Anche in
questo caso i nostri musicisti non si sono affatto smentiti,
regalandoci un'interpretazione davvero memorabile. Già dai primi
poderosi accordi del Largo introduttivo,
l'impronta massiccia, quasi cerimoniale – in diversi frangenti
quasi una vera e propria “musica da caccia”, onorando
letteralmente il nome di “Gran Partita” – e l'energia
discorsiva dell'Allegro molto successivo aprono lo scenario di
una musica che, per quanto paia scritta per accompagnare episodi
delle consuetudini e delle usanze di una classe abbiente, in verità
cela il dono che Mozart fece alla futura moglie Constanze alle soglie
del matrimonio. Curioso che il compositore abbia scelto proprio tale
partitura per quell'occasione: ciò può permettere, forse, di
comprendere meglio – e con un approccio diverso – taluni lati
espressivi di questo capolavoro, le sue estese dimensioni, la
completezza-compiutezza formale, le non poche “pretese” dal punto
di vista esecutivo, le frequenti sonorità pompose.
Il celebre
Adagio che si colloca al terzo movimento ha visto nuovamente
lo splendido oboe di Godik cantare (così come le risposte dei
clarinetti) con una dolcezza disarmante, sbocciando teneramente dal
nulla per poi dispiegarsi morbido come un'antica pergamena. I tempi
danzati non hanno mancato in brio, mentre la Romanza (Adagio)
stupendamente vestita di sonorità pacate, era quasi crepuscolare.
Ancor più interessante è stato il Tema con Variazioni
(Andantino), in cui la varietà delle combinazioni timbriche
della partitura hanno avuto piena giustizia.
Il Rondò
(Allegro molto) conclusivo nasce scherzoso e popolareggiante,
simile ad una simpatica smorfia fatta di nascosto, si gonfia e si
snellisce alternatamente e sembra andare a nascondersi fra le strofe,
per poi sfociare nel pieno dell'esaltazione di una coda – o forse
sarebbe meglio azzardare: “una rincorsa” – mozzafiato,
straripante di energia, ed eseguita con una sincronia di rara
precisione."
A presto!
Andrew
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