Rieccomi qui! Fortunatamente non è passato troppo tempo, come l'ultima volta.
Voglio condividere con voi una delle ultime recensioni che ho scritto per Le Salon Musical, sito-rivista di musica con cui collaboro ormai da più di due anni. Mi dispiaceva non poco aver sospeso i miei contributi durante l'estate, e sono contento di aver rimesso in marcia questo lato della mia vita.
Settimana scorsa, giovedì 17 Ottobre, in Sala Greppi a Bergamo c'è stato il concerto del famosissimo Trio di Parma. E' stato davvero un concerto memorabile!
Di seguito trascrivo l'intero articolo, che comunque potete leggere QUI sul relativo sito:
"Il Trio di
Parma in Sala Greppi, tra Dvorak e i fantasmi di Schumann e Brahms
Ieri sera,
17 Ottobre, per il terzo appuntamento del trentaseiesimo festival
internazionale “Concerti d'Autunno”, promosso dall'Associazione
Sala Greppi di Bergamo, il palco è stato affidato al Trio di Parma.
La celebre formazione violino-violoncello-pianoforte, costituitasi
nel 1990 al conservatorio dell'omonima città, ha eseguito un
programma in prevalenza legato al repertorio di Antonìn Dvorak con
una parentesi dedicata a Robert Schumann, il quale, insieme a un
Brahms svelato soltanto nel – e dal –
bis resteranno in sordina come due benevoli fantasmi ad echeggiare
qua e là fra un inciso e l'altro, fra un'idea musicale e l'altra,
fra un movimento e l'altro.
E, proprio
di Schumann, curiosa è la scelta dei Sechs
Studien in kanonischer Form (Sei studi in forma canonica) Op.56
nella trascrizione del compositore e pianista Theodor Kirchner:
aldilà della rara esecuzione di questi pezzi, è altrettanto
insolito proporre brani in versione “non originale” (in questo
caso, scritti per organo o pedalklavier). Ma del resto, la versione
per trio funziona assai bene, il materiale tematico è ottimamente
distribuito e le peculiarità timbriche dell'organico non mancano di
speziare, di rivestire di luci differenti i contenuti musicali. A
cominciare dal primo, Nicht zu schnell,
sorta di valido sostituto per il primo di una raccolta di preludi (e
fuga?) in tutte le tonalità maggiori e minori, fino a raggiungere lo
splendido Adagio
finale, nel quale il Trio di Parma trasfigura impercettibilmente
l'idea del canone rendendolo il pretesto con cui lasciare emergere
una composizione dalla vibrante e toccante espressività. Lecita è
l'ipotesi che un brano come questo possa aver stimolato la nascita di
composizioni come l'Adagio
del Trio Op.8 di
Brahms (compositore assai legato alla figura schumanniana) guarda
caso per identico organico e impianto tonale.
Quindi ecco
arrivare Dvorak, con il suo primo Trio con
pianoforte Op.21, in Si bemolle maggiore. Per
essere il primo di una serie di 4 – comprendendo il Trio
“Dumky” – e scritto da un Antonìn
appena 24enne, presenta già non poca maturità: solidità e ampiezza
formale, ottime orchestrazioni, continue elaborazioni tematiche e
modulazioni inaspettate. La scrittura è massiccia, la polifonia
tiene sempre viva la tensione, e il clima popolare tanto caro al
compositore non manca mai di farsi sentire.
Ineccepibile
l'esecuzione del Trio di Parma, curata in ogni minimo fraseggio e in
ogni singola articolazione. A partire dall'Allegro
molto iniziale, scintillanti le timbriche,
mai dure le sonorità poderose, splendido il climax
prima della ripresa; tremante e commosso il secondo tempo, Adagio
molto e mesto, con quella cantabilità
“tipicamente boema” dei movimenti lenti di Dvorak; meraviglioso
il successivo Allegro scherzando,
in cui la continua ripetizione di frammenti melodici molto affini tra
loro non è mai parsa prevedibile, anche grazie a un'ottima gestione
delle ondulazioni agogiche e l'enfatizzazione dei momenti più
grandiosi. Infine
l'Allegro vivace di
chiusura, che in sé qualcosa di schumanniano ce l'ha davvero, come
pseudo palese citazione o forse più per la sua immediatezza
narrativa e l'imprevedibile mutevolezza armonica (come, ad esempio,
nel secondo tema), portano a una chiusura luminosa la prima parte del
concerto.
Segue il
celebre Trio “Dumky”
dello stesso Dvorak, Op.90,
ovvero il quarto ed ultimo trio con pianoforte.
Già dal suo
nome possiamo dedurre con una certa chiarezza le idee e le
ispirazioni del compositore, così intensamente permeato di atmosfere
ed espressioni popolari natie. La dumka
è una forma-composizione-canto di derivazione ucraina dai tratti
profondamente malinconici e contemplativi – non a caso il termine
significa proprio “riflettere” – sovente scritta in tonalità
minore e con tono elegiaco. Nel caso di Dvorak essa si avvicina
molto alla czarda
ungherese, nella quale tra i vari episodi mesti si intercalano
momenti decisamente più frizzanti o leggeri, quasi sempre di
ispirazione danzata.
Il Trio
“Dumky” è formato quindi da 6 brani
aventi bene o male tutti queste caratteristiche, variamente combinate
od elaborate. Eppure, in ogni dumka il lato più triste tocca corde
diverse, passando dal patetico al dolcemente abbandonato, dal teso al
nostalgico – alcune pedalizzazioni al pianoforte da parte di
Alberto Miodini hanno reso questi episodi davvero memorabili,
evocando un vero e proprio senso di distanza,
di lontananza sia in termini di spazio che di tempo.
Degna di
nota è anche la scelta, da parte del Trio di Parma, di diversificare
a livello interpretativo anche le sezioni rapide, ovvero quelle
apparentemente più immediate dal punto di vista contenutistico ed
espressivo. Ad esempio, nella prima dumka la sensazione che si riceve
è quella di una tenera rievocazione, quasi il ricordo di un dolce
passato spensierato; nella seconda, di notevole effetto è la scelta
di cominciare il Vivace non troppo
sostanzialmente dalla ripetizione della frase musicale, che lascia il
desiderio di un brio che si fa attendere, e che giunge fragoroso solo
quando anche l'accompagnamento pianistico si fa più serrato.
In tutto
questo, innegabile è l'impressione che la figura di Brahms permei
invisibilmente tutto il repertorio proposto: lo stile e la scrittura
di Dvorak hanno una forte affinità con i Trii brahmsiani, e nei Sei
studi canonici di Schumann evidente è la
vicinanza con le ispirazioni melodiche del compositore amburghese, di
cui, guarda caso, il Trio regala come bis l'appassionato secondo
movimento del Trio Op.87."
Presto verranno altre recensioni, ma soprattutto altre bellissime occasioni di ascolto, come quella di Mario Brunello, proprio domani sera, 24 Ottobre, sempre in Sala Greppi.
Perciò, a presto! E questa volta per davvero.
Andrew
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