sabato 28 aprile 2018

Sul concerto del duo Alogna-Pascalucci (Como Classica - 22 Aprile)

E' con un certo ritardo che ho occasione di scrivere di un bel concerto al quale ho assistito di recente. Purtroppo alcuni eventi (importanti ma anche tristi, a dire il vero) mi hanno assorbito e distratto, e soltanto ora sento di avere la voglia di parlarne. Perché comunque ho un bel ricordo di quello che ho ascoltato, e credo sia giusto parlarne.

Domenica scorsa sono stato a Como ad ascoltare un concerto del duo violino/pianoforte Davide Alogna e Fiorenzo Pascalucci. Il primo, ottimo violinista, lo conobbi, anni fa, in una fortunata occasione al Loggione del Teatro alla Scala in cui suonò con l'amica Irene Veneziano (alla quale mi ritrovai estemporaneamente a fare da girapagine, come anche altre volte... ahahaha). Fiorenzo lo conoscevo per fama (da quando vinse il noto concorso "Rina Sala Gallo"), ma oltre qualche video qua e là non avevo purtroppo ascoltato ancora nulla, ed è stata per me una vera e propria sorpresa.
Il programma presentato prevedeva due Sonate di Mozart, la K.304 in Mi minore e la K.296 in Do maggiore, assai note entrambe. Quindi un brano di Rossini, un mot à Paganini, praticamente sconosciuto ma permeato dallo stile operistico del compositore. E, per concludere, la celeberrima -nonché ardua- Sonata in La maggiore di Franck.

Quello che ho notato da subito è stata la bella sintonia fra i due esecutori che, a quanto detto, non si conoscono né collaborano da moltissimo tempo. Era piacevole il dialogo fra gli strumenti, la fantasia del fraseggio. In particolare nella K.296, Fiorenzo mi ha veramente colpito per la tavolozza sonora, la chiarezza degli abbellimenti, gli umori mutevoli nei movimenti estremi, la cantabilità delle melodie (specialmente nel secondo tempo) e la capacità di sostenere e fare "spalla-spalla" con il violino senza mai sopraffare o nasconderlo. In Davide ho ri-sentito quel suono pieno di trasporto e calore, la fisicità totale con il quale approccia, fa cantare e vibrare le corde del suo violino; la fantasia nelle ripetizioni, mai identiche, di stessi frammenti melodici.
La Sonata in La di César Franck è stato il momento più cangiante del programma. Dopo una breve introduzione storico-aneddotica sull'origine di questo pezzo, subito il pubblico è stato trascinato in quell'atmosfera rotonda, crepuscolare, dolce e anche struggente tipica di Franck. I tempi sono stati staccati più rapidamente di quanto mi è successo di ascoltare in precedenza, ma soprattutto nel primo e nell'ultimo movimento questa scelta mi ha trasmesso un senso di continuità sia discorsiva che di "tensione emotiva", il che non è stato affatto male. L'energia travolgente ed inquieta del secondo tempo mi è piaciuta parecchio, la tenerezza quasi amorosa del canone del finale è esplosa in una coda piena di esaltazione, con sonorità brillanti e possenti.

Bello. Davvero un bel concerto.
Un ringraziamento speciale lo devo a Davide, per avermi riservato un posto all'ultimo minuto. E, da pianista, devo un sincero complimento a Fiorenzo, che mi è piaciuto tantissimo. Era da un bel po' (escludendo quei musicisti che conosco da anni ormai, e per i quali nutro già una certa stima) che non restavo così colpito da una esecuzione pianistica.

Lascio le poche foto che sono riuscito a scattare.







A presto!
Andrew

sabato 7 aprile 2018

"De la Musique avant toute chose..." - una cerimonia di pace fra le due guerre (6 Aprile 2018, Chiesa dei SS. Cornelio e Cipriano - Carnate)

Nonostante il venerdì sia per me da diverso tempo una giornata abbastanza intensa ed infinita, ho voluto lo stesso andare al concerto del Gruppo Vocale Parva Lux di ieri sera, a Carnate. Avevo già avuto modo gli anni scorsi (grazie alla mia amica e "collega" Monica Brigada, che ne fa parte) di ascoltare questo ensemble in un paio di occasioni differenti, e da subito non ho potuto che apprezzare talune qualità: la comunione delle voci, la cura della morbidezza del suono, la precisione nell'intonazione e soprattutto la scelta di repertori spesso poco frequentati e diversificati, che vanno dal sacro al profano, camminando fra diverse zone del mondo e attraverso differenti periodi storici. 

Ieri sera a loro si è unita l'arpa -ma anche la voce- dell'amico Giuliano Marco Mattioli, ottimo musicista del quale ho già scritto in precedenza (e che potete rileggere qui se vi va) e ne ho già visto ed ascoltato le abilità strumentali, musicali e, appunto, vocali. Giuliano è un musicista completo, può reggere un intero recital da solo alternando brani solistici a brani nei quali canta sopra le note della sua Erard del 1908. E, per non lasciarci mancare nulla, devo dire che è anche un abile oratore, capace di coinvolgere il pubblico con aneddoti storici e culturali o musicali, scegliendo un approccio cordiale e garbato.

Purtroppo -mea culpa!- ieri non sono riuscito ad arrivare in orario, e sono entrato nella chiesa che il concerto era già iniziato. Fortunatamente da poco. I Parva Lux stavano eseguendo, accompagnati dall'arpa, una selezione da A Ceremony of Carols di Britten. Ho ritrovato tutto quel calore, quell'armonia e quel senso di elevazione che ricordavo, quella cura speciale e quei timbri così belli sia da soli che nell'insieme. A volte mi sono incantato e perso altrove, completamente avvolto nella nube sonora delicata dei canti. Ho visualizzato ipotetici rituali celtici, panorami immaginari che non ho mai visto, ed ho goduto appieno della Musica.
Questi canti hanno coperto tutta la prima parte del concerto, alla quale ne è succeduta una seconda interamente nelle mani (nel vero senso del termine!) di Giuliano, che ci ha introdotti e coinvolti in questo viaggio a ritroso nel tempo, allo scopo di conoscere repertori arpistici composti nella belle époque parigina da virtuosi strumentisti dell'epoca, francesi di nascita o di adozione: come Cesare Galeotti, ultimo brano solistico proposto, Légende Op.139, così multiforme e dolce.
La seconda parte si è aperta con il compositore Tournier e il suo Lied intitolato ce que chante la pluie d'automne, brano che credo di aver già ascoltato ma che mi è piaciuto tantissimo. Quindi O bien Aimée di Grandjany, primo brano in cui Giuliano ha cantato con il suo amato strumento, insieme a Une chatelaine en sa tour, del noto Gabriel Fauré. Entrambi i brani erano basati su testi tratti da La bonne chanson del caro Paul Verlaine. Poi la volta di Ravel, e le sue meravigliose 5 mélodies populaires grèques, che ben conosco ma che finalmente ho riascoltato dal vivo con enorme piacere.
Dopo uno scroscio di applausi, il gruppo vocale ha regalato due bis, uno senza accompagnamento, ed uno in concomitanza dell'arpa, cantando a bocca chiusa. Un brano forse mai eseguito, e del quale francamente non ricordo il nome né l'autore -chiedo venia!- ma che ha chiuso la serata con un'aura di magia in più.

Non voglio ripetermi dicendo ancora che sia i Parva Lux che Giuliano sono ottimi musicisti. Ma voglio complimentarmi con loro per come hanno concepito il programma; e, in ultimo, senza peccare di soggettività, voglio sottolineare le belle emozioni, profonde e contrastanti, esaltanti e struggenti che ho provato. Ero stanco dalla giornata, ma quest'ora e mezza di musica mi ha regalato un "riposo" forse migliore di un'ora sdraiato.

Lascio come sempre quale fotografia.







A presto!
Andrew