Ho recentemente instaurato una nuova collaborazione. Si tratta di un'altra rivista online di musica: L'Ape Musicale. Pertanto, mi ritroverò a pubblicare rispettivamente per ben due testate, quella appena citata, e quella per la quale ho già scritto diverse volte, Le Salon Musical.
Dopo alcune peripezie, ecco il primo articolo, sul bellissimo concerto che domenica scorsa, 21 Ottobre, il M° Jeffrey Swann ha dato a SpazioTeatro89. Il link al sito lo potete trovare qui.
Condivido come solito l'intero testo pubblicato:
"Slanci e
memorie dal taccuino di un poeta giramondo: Jeffrey Swann
(SpazioTeatro89,
21 Ottobre 2018)
Il viandante
è una figura delle più tipiche e iconiche del periodo romantico:
l'inquietudine dell'artista, del musicista, si butta in grandi
traversate del mondo e del proprio animo – che spesso sono la
medesima cosa. Egli cerca in sé autentico e al contempo scopre terre
sconosciute, si tuffa nei pozzi adombri del proprio tormento
interiore e poi lancia il cuore in avanti, verso nuovi orizzonti,
nuovi panorami e alla ricerca di nuove ispirazioni.
Da Schubert
– ma, se vogliamo, anche già dallo stesso Beethoven, basti pensare
alla Pastorale – fino al pellegrino Liszt o al nordico
fiabesco dell'opera wagneriana, l'urgenza di conoscere, di assaporare
il nuovo (con la vista, il tatto, con le emozioni; insomma, con tutto
il proprio essere) e ritrovare da dove si viene sprona il compositore
a viaggiare, a spostarsi, ad appagare il proprio spirito stancandolo,
quasi snervandolo, e creando mete sia come punti di arrivo che come
luoghi dai quali tornare, arricchito e cambiato.
L'eroico e
fiero camminatore schubertiano è, invero, carico di inquietudine, ma
il viaggiatore lisztiano è tenace e vuole meravigliarsi, quasi
misticizzarsi, innalzare il sé umano e la sua scintilla divina
assopita dai “peccati” di seduzione, di desiderio di conoscenza.
Jeffrey
Swann non manca affatto di incarnare, nelle esecuzioni del suo
concerto “Album, stampe, diari (e diavoli)”, questi tratti vitali
del musicista romantico: ascolta e rielabora magicamente i suoni
dell'acqua di Au bord d'une source o di Jeux d'eau à la
Villa d'Este attraverso un uso piuttosto parco del pedale,
esaltando così ogni microrganismo sonoro; si lamenta e si infuria
nella Vallée d'Obermann, fra linee melodiche che si
insinuano, ora dubbiose, ora fragili e pure, ora più dannate e
temporalesche, dominando tutto con sorprendente agio; danza insieme
al Faust goethiano, a Mefistofele e all'intero villaggio in un primo,
magico Mephisto Waltz come raramente si è sentito eseguirne.
Ma l'errare
umano, nell'accezione dello spostarsi senza sosta e senza meta,
sembra portare la società romantica verso un sentimentalismo
blasonato, rimaneggiato e corrotto, macchiato. L'esaltazione delle
emozioni diviene manipolazione, trasfigurazione, dannazione degli
animi. Ecco quindi che l'epoca moderna, con un dei suoi massimi
baluardi, Claude Achille Debussy, cerca di ridimensionare il tutto
cercando un sano distacco, il quale non deve negare o impedire di
emozionare ed emozionarsi, ma tenta di non farsi completamente
plagiare e soggiogare.
Lo stesso
viandante cambia: sembra più non camminare con i propri piedi, ma
affidarsi all'immaginazione. E l'arte non descrive, non ritrae, non
testimonia direttamente: evoca.
C'è sempre uno spazio fra il compositore e la fonte d'ispirazione.
Un po' per ragioni puramente oggettive: l'Asia e la Cina, che tanto
stimolano le idee dei compositori con le loro sonorità ed i loro
strumenti tipici, non si trovano certo dietro l'angolo; un po', come
già detto, per autodifesa, e per spirito anti-romantico.
L'evocazione qui è ora enorme, ora più sottile, dalle Collines
d'Anacapri alla Puerta
del Vino, passando per la Scozia (Bruyères)
e l'Inghilterra dei romanzi di Dickens con Hommage
à S. Pickwick Esq. P.P.M.P.C., e Swann
ancora una volta ci sorprende per la bellezza e la multiformità del
suono pianistico, parametro al quale nemmeno sembra davvero badare,
nonché per la vivacità timbrica e le scelte interpretative. Ancor
di più Pagodes, il
primo brano del celebre trittico Estampes,
sembra nascere dalla visione eterea di pagode giavanesi che si
rivelano inaspettatamente dietro un ramo scostato (bellissima la fase
finale degli arpeggi, vaporosi e aerei ma assolutamente chiari). La
soirée dans Grenade è stato uno dei picchi
più alti dell'intero recital, con un'apertura del tema in La
maggiore davvero di grande effetto e un'ottima capacità di dividere
i vari mood ritmici e melodici senza che questi subissero un distacco
fra loro. Infine Jardins sous la pluie,
rielaborazione debussyana di un suo brano precedente (il terzo delle
Images Oubliées)
ispirato alle canzone popolare infantili “Dodo, l'enfant do” e
“Nous n'irons plus au bois”, si è distinto per il suono
scintillante delle ultime pagine e per il tono entusiastico, esaltato
della conclusione.
Ma non è
tutto qui: Swann in questo programma ha scelto di fare cenno anche ad
un altro tipo di viandante, quello un po' più etnomusicologico.
In questo caso, all'italiano Ferruccio Busoni.
Certamente
Busoni non si può assimilare a baluardi dell'etnomusicologia quali
ad esempio Bela Bartok, ma il suo interesse per gli indiani d'America
è notevole (tanto da suggerirlo come argomento di tesi ad una sua
allieva di Berlino), ed il suo ruolo in qualità di viandante è
quello di andare alla ricerca di nuovi sistemi musicali, scalari, dei
quali appropriarsi per scrivere propria musica
– mentre Bartok approccia alla musica popolare da un punto di vista
meno “artistico” e perlopiù storico-scientifico.
Swann
sceglie infatti il Diario Indiano,
raccolta di quattro pezzi molto differenti fra loro e molto
caratterizzati nello spirito, i quali si distinguono infatti per le
sonorità non convenzionali e per una tonalità ormai orientata verso
un futuro lento ma netto disgregamento."
Andrew