martedì 13 luglio 2021

Ingrid Carbone e il “Sentimento della Natura”

Rieccomi,

la fretta non mi permette di fermarmi particolarmente, ma condivido con piacere la mia intervista alla pianista Ingrid Carbone in occasione del suo disco dedicato a Liszt, "Le sentiment de la nature".

L'intervista si può leggere a questo link sul sito di Le Salon Musical, oppure qui di seguito:

"Ingrid Carbone e il “Sentimento della Natura” 

Di recente incisione è “Le Sentiment de la Nature”, secondo disco interamente lisztiano della pianista Ingrid Carbone, che presenta una selezione di brani estratti dalle Harmonies poétiques et religieuses, dalle Années de Pèlerinage e dalle due Légendes.
Per l’occasione ho intervistato Ingrid, che molto volentieri ha risposto alle mie domande. 

Il suo disco si chiama “il sentimento della natura”. Leggendo le note di Chiara Bertoglio, si possono riassumere tre “ricorrenze” fondamentali, sia del disco che della figura di Liszt: l’elemento della natura come fattore ispiratore sublimato; la letteratura, quale fonte descrittiva e di contemplazione; la componente religiosa, che per il compositore sfocia in una sentita attrazione per il trascendente.

Quanto tutto ciò ha influenzato le scelte di repertorio per il suo disco? 

La risposta è indubbiamente positiva: si tratta del mio terzo CD, e del secondo dedicato a Liszt. Già nel primo CD l’attrazione verso queste tre “ricorrenze” si era palesata: Sonata Dante, Six Consolations, Légende n.2: St. François de Paule marchant sur les flots e Liebestraum n.3 lo testimoniano. Tuttavia, non posso nascondere che con il passare del tempo queste tre “ricorrenze” stanno sempre più diventando le “mie ricorrenze”. Non è un caso, infatti, che il mio secondo CD sia stato dedicato a Schubert con i quattro Impromptus Op.90 e i Six Moments Musicaux Op.94. Ma aggiungo che la mia vita quotidiana, e quindi anche al di là delle scelte di repertorio, è continuamente accompagnata (direi anzi, segnata) da un crescente amore verso la natura e verso gli animali, da ripetute battaglie in difesa dei deboli (e non solo degli animali). E poi c’è il mio continuo pormi domande, cercare risposte, trovarle e non trovarle, tutto stimolato dall’altra mia fedele compagna – la lettura. Si tratta di un mix che naturalmente mi spinge verso un certo repertorio. In questo mio ultimo CD sono presenti la Légende n. 1: St. François d'Assise (La prédication aux oiseaux), e Les jeux d’eaux à la Villa d’Este con il suo significato altamente religioso estrinsecato dalla magia delle acque (quelle terrene e quelle della vita eterna): si tratta di due brani in cui natura e religiosità si fondono mirabilmente. D’altra parte, Invocation (con la sua citazione di Lamartine) e Funérailles sono entrambi tratti dalle Harmonies poétiques et religieuses. Per finire con la Vallée d’Obermann, così legata a Byron, a Senancourt, alla bellezza dei paesaggi svizzeri. Insomma, cinque brani accuratamente scelti proprio in rispetto delle tre “ricorrenze”. 

Quanto, e in che modo, le informazioni note riguardo questi pezzi hanno contribuito alle sue scelte interpretative? 

Se come informazioni note intende le interpretazioni presenti in discografia, devo dire che io non le prendo mai come riferimento: ascolto tanta musica, e non solo per pianoforte, ma quando inizio a studiare un brano cerco la mia interpretazione, e evito di ascoltare altre registrazioni, se pur autorevoli. Se, invece, si riferisce a tutto ciò che “accompagna” l’elaborazione di ogni brano, e che comprende dunque lo studio della vita del compositore e il suo percorso creativo, il contesto storico, le diverse fonti di ispirazione (come letteratura, pittura, natura, religione), le testimonianze epistolari, allora tutto ciò non solo contribuisce, ma determina le mie scelte interpretative. Lo spartito diventa il punto di partenza di un lungo percorso che si arricchisce sempre di nuovi elementi e che porta alla mia personale interpretazione che mi auguro sempre sia vicina a quello che il compositore aveva inteso. 

Il virtuosismo di queste composizioni ha un ruolo differente rispetto a quello di altri brani di bravura; come ha approcciato alla componente virtuosistica? Che significato musicale ha avuto per lei? 

In Conservatorio ho avuto la fortuna di essere seguita da maestri di grande spessore, che mi hanno fornito le basi necessarie per affrontare qualsiasi difficoltà, nonché disciplina e metodo di studio. Non ne ero certo pienamente consapevole a quel tempo, ma col passare degli anni me ne convinco sempre di più. Dunque, le difficoltà tecniche non mi spaventano mai quando studio un nuovo brano, mentre l’interpretazione mi richiede sempre tempo e lavoro certosino. Ma il virtuosismo di Liszt non è mai fine a sé stesso, e questo è un altro aspetto affascinante della sua musica.  In realtà, io intendo il virtuosismo come un mezzo, e non come un fine, e in Liszt questo mio approccio si rivela essenziale. Ho inciso la Sonata Dante nel mio CD d’esordio: è considerata uno dei brani più difficili del repertorio pianistico, dopo la Fantasia Wanderer di Schubert (anch’essa nel mio repertorio). Anche lì la tecnica e il virtuosismo mi sono serviti per consentirmi di esprimere tutte quelle emozioni, quelle “immagini” così chiaramente indicate ed evocate da Liszt. I cinque brani presenti nell’ultimo mio CD richiedono ciascuno delle abilità tecniche avanzate e differenti: non solo le famose terzine di ottave dei Funérailles, non solo i rapidi arpeggi di Les jeux d’eaux à la Villa d’Este, non solo le scale di ottave della Vallée d’Obermann, tanto per citare tre brani noti per il loro virtuosismo, ma anche Invocation e la Légende dedicata a Francesco d’Assisi (brani meno famosi) necessitano di abilità tecniche notevoli. Invocation ha richiesto una grande attenzione per le sonorità maestose richieste: f, ff, e fff devono essere resi senza durezza, senza spigolosità, ma sempre pensando che si tratta di un omaggio alla magnificenza del creato e del creatore. Credo però che, tra tutti, la leggenda dedicata a San Francesco d’Assisi sia quella che ha richiesto maggiore lavoro, ed è stato un lavoro lungo ma entusiasmante alla ricerca del tocco giusto (e della tecnica giusta) per far “cantare” vari tipi di uccelli. Dunque, un grande virtuosismo al totale servizio della musica. 

Crede che la “musica a programma” – in questo caso, per pianoforte – possa in qualche modo “viziare” l’ascolto e la percezione di un brano? Oppure ritiene che resterebbe invariata a prescindere dalla consapevolezza o meno di tali informazioni? 

Più che “viziare” direi “indirizzare”. Premesso che l’ascolto della musica è sempre soggettivo, in quanto condizionato da molteplici fattori, resta il fatto che già solo il titolo (possibilmente autografo) indirizza l’ascoltatore verso la giusta sfera emozionale. E ciò può essere solo positivo. Ovviamente, una corretta interpretazione della “musica a programma” già dovrebbe (sperabilmente) trasmettere all’ascoltatore emozioni, sensazioni, evocazioni adeguate. Liszt, attraverso la sua musica, narra una storia, dipinge un quadro, recita una poesia: spiegare i brani ancor prima di eseguirli, accompagnando così l’ascoltatore dall’inizio alla fine dei ciascun brano, fornendo esempi, chiavi di lettura, elementi tecnici o melodici che individuano  univocamente quel brano e solo quello, non solo non limita e non “vizia” l’ascolto, ma lo arricchisce, aumentando la consapevolezza e, perché no, gratificando l’ascoltatore nel momento in cui riconosce i vari passaggi significativi descritti nella presentazione. È esattamente quello che cerco di fare attraverso le mie conversazioni-concerto: il riscontro del pubblico mi spinge ad andare sempre di più in questa direzione. 

Cos’è per lei il trascendente? Dove, a suo dire, lo si può riscontrare nei brani scelti? 

A una domanda così complessa rispondo con estrema sintesi: il trascendente è per me la mia musica. Sempre. E’ la mia maniera di entrare in un’altra dimensione, di essere me stessa, di sentirmi in sintonia e in armonia con il mondo, e allo stesso tempo essere di volta in volta ciò che eseguo: gli uccelli che cinguettano, San Francesco d’Assisi che predica e benedice, gli zampilli e le cascate dei Jeux d’eaux à la Villa d’Este, le campane che suonano a morto nei Funérailles, lo stupore di fronte alle bellezze della natura e alla straordinarietà del creato nella Vallée d’Obermann, la spiritualità e la religiosità di Invocation.

In conclusione, con la mia musica anelo e contemplo l’infinito."


A prestissimo!
Andrew

“Armonie della Sera” presenta la sua diciassettesima edizione

Ciao a tutti!

Anche se un po' in ritardo voglio riportare qui i miei ultimi articoli scritti per Le Salon Musical.
Il primo riguarda la presentazione della nuova stagione del festival Armonie della Sera, che partirà a metà Luglio e si concluderà poco prima di Natale, attraversando 10 regioni italiane in luoghi molto suggestivi e con molti musicisti di rilievo..

L'articolo si può leggere a questo link, o qui di seguito:

“Armonie della Sera” presenta la sua diciassettesima edizione 

“Armonie della sera”, il festival ideato e diretto dal pianista marchigiano Marco Sollini “che porta la grande musica nei luoghi d’incanto d’Italia” presenta una diciassettesima edizione ricca di novità e collaborazioni. La manifestazione si fregia dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana ed è ben conosciuta per la sua media-partnership con RAI Radio3. 

Il cartellone della rassegna, diviso in due grandi periodi, si aprirà il 15 luglio e si concluderà il 18 dicembre, passando attraverso alcuni dei luoghi più belli di dieci diverse regioni italiane, quali la Venaria Reale di Torino, la Reggia di Caserta, il Colle dell’Infinito di Recanati, il Teatro Greco di Tindari, la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola di Roma, la Palazzina Liberty di Milano e molte altre. 


Il fondatore e direttore artistico del festival, il pianista Marco Sollini, si esprime così: “Sono molto felice di poter ripartire dopo un difficile anno segnato dalla pandemia, che non ha affatto risparmiato noi artisti; e che la crescita di questo festival sia stata tanto significativa negli anni: “Armonie della sera” è giunto alla diciassettesima edizione, e anno dopo anno si sono aggiunte sedi di grande fascino che hanno raccontato della regione delle Marche in tutto il suo splendore. Anche in questa volta abbiamo voluto rappresentare ognuna delle sue province, organizzando concerti in luoghi di assoluta bellezza come il Colle dell’Infinito di Recanati, il Castello della Rancia di Tolentino, la Piazza Castello di Moresco, il sagrato della Chiesa di San Marco a Ponzano di Fermo (dove tutto è iniziato, nel 2005), il Teatro Serpente Aureo di Offida, il Teatro Velluti di Corridonia, la Chiesa di Santa Maria della Piazza di Ancona, l’Anfiteatro del Parco Miralfiore di Pesaro; Rocca Tiepolo di Porto San Giorgio, Palazzo Pianetti di Jesi e l’incanto del Santuario della Madonna dell’Ambro a Montefortino.

Inoltre, artisti di grande livello fanno sì che il festival si identifichi come una fra le iniziative più significative delle Marche – e non solo, giacché nell’edizione 2021 alle sedi marchigiane si aggiungeranno altri luoghi d’incanto sparsi in tutta Italia. Portare artisti magnifici in luoghi così particolari credo sia il modo migliore per rilanciare non solo la musica, ma anche la bellezza del nostro Paese. Spero l’impegno profuso in “Armonie della sera” venga premiato da quel successo che, di per sé, già si evince dalla sua storia quasi ventennale. Spero anche possano presentarsi generosi, illuminati sostenitori, senza i quali sarebbe veramente difficile continuare in questo percorso virtuoso. La Bellezza e l’Arte sono un regalo che facciamo a noi stessi!” 

In un totale di ben ventotto concerti si susseguiranno figure di grande levatura del panorama musicale internazionale: il pianista Boris Petrushansky, il violinista Massimo Quarta, I Filarmonici di Busseto, il clarinettista Fabrizio Meloni, il pianista Philippe Entremont, il violoncellista Luca Pincini, il flautista Maxence Larrieu, la pianista Gilda Buttà, il percussionista Simone Rubino, il Quartetto Leonardo, la Young Musicians European Orchestra diretta da Paolo Olmi, il duo Sollini-Barbatano, Maria Solozobova, l’Orchestra da Camera di Caserta e le voci recitanti di Francesco Castiglione, Fabio Testi e Pamela Villoresi. 

Elemento storicamente fondante del Festival sono le collaborazioni e le sinergie con altre Istituzioni. Nell’edizione 2021 si vedranno cooperazioni con La Società dei Concerti di Milano, l’Università Politecnica delle Marche, il Conservatorio di musica di Aosta, il Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati, il FAI Marche, Emilia Romagna Concerti, l’Accademia Musicale di Pinerolo, il Cidim, l’Aiam, la Da Vinci Publishing e molti altri."


A presto (ovvero il prossimo post che metto a breve)!
Andrew

martedì 29 giugno 2021

Il Bach a 432 di Matilda Colliard

Ciao a tutti!

Rieccomi presto qui, come anticipato. Le Salon Musical ha recentemente pubblicato l'intervista che ho avuto il piacere di fare a Matilda Colliard, in occasione del suo nuovo disco delle 6 Suites per violoncello solo di Bach, edito da Da Vinci Classics.

Trovate l'articolo a questo link. Oppure qui di seguito:

Il Bach a 432 di Matilda Colliard

“La mia vita è costellata di scelte prese ascoltando perlopiù l’istinto. Ho una voce interiore che spesso e volentieri mi parla con forza, e sinceramente mi fido di lei. Un caro amico, che mi conosce da quando ero ancora studente in conservatorio, mi ha suggerito di cimentarmi con l’impresa della registrazione delle Suites di Bach. Sul momento mi sembrava una follia. Qualche giorno dopo quella voce interiore si è fatta sentire forte e chiara, e mi ha detto: fallo!”

Così mi risponde Matilda Colliard quando le chiedo qualche curiosità su come sia nato il suo recente disco, inciso con Da Vinci Classics.

Le 6 Suites per violoncello solo, i primi sei dei dodici “astri” del firmamento violoncellistico bachiano ai quali riferiva anche Mario Brunello (unendo alle Suites anche le 3 Partite e le 3 Sonate), sono entrati a fare parte della vita di Matilda Colliard molto presto:

"Bach mi accompagna da sempre. Uno dei primi brani importanti che ho affrontato quando ero bambina fu proprio il Preludio della Prima Suite, che durante i concerti eseguivo anche insieme ai miei compagni di classe di violoncello del corso Suzuki. Ricordo che quando studiavo la sua musica spesso avevo la sensazione di vederlo seduto sulla poltrona di fronte a me, e ascoltandomi mi diceva: “bene così!”. Quando non lo “vedevo”, sapevo allora di aver bisogno di studiare ancora meglio affinché si “materializzasse” nuovamente. Durante gli anni del conservatorio ho avuto la fortuna di studiare tutte e 6 le Suites grazie al mio maestro A. Drufuca, che ci teneva particolarmente.”

La vera sfida (occasione?) per Matilda l’avrebbe però attesa solo verso la fine del 2019: durante una presentazione dell’integrale beethoveniano per violoncello e pianoforte, allora fresco di registrazione (in duo con il pianista Stefano Ligoratti), quella voce amica la istigò ad affrontare il celebre repertorio bachiano. Se di primo acchito sembrò un’affettuosa provocazione, da lì a poco si rivelò un’importante occasione – Matilda è infatti la prima donna italiana ad aver inciso l’integrale delle Suites.

Dopo il nulla osta ricevuto dalla casa discografica, che concordò per la registrazione su strumenti moderni anziché d’epoca, seguì un profondo momento meditazione, ricerca e analisi dei manoscritti disponibili (principalmente quelli di Anna Magdalena Bach, di Kellner, e le edizioni anonime del ‘700).


C
orrelatamente, il contesto pandemico a causa del Coronavirus, e il lockdown che ne seguì subito dopo, incisero molto sia sullo studio/preparazione che, di riflesso, sulle scelte interpretative. Inaspettatamente, questo status così destabilizzante ebbe per Matilda un risvolto profondo:

“Dall’oggi al domani mi sono ritrovata, come tutti, a fare i conti con la quarantena. Temevo che la solitudine e quella sorta di “assenza di vita” avrebbero inibito il mio lavoro; o il processo creativo, che doveva animare (e animarsi di) un progetto tanto importante. Il senso fisico e psicologico di prigionia temevo si riversasse negativamente sulle interpretazioni e sulle scelte musicali. E invece, inaspettatamente, mi sono accorta di quanto i momenti di costrizione e di isolamento forzato possano spesso darci la chance di connetterci con il nostro io più vero e profondo, scoprendo una libertà che va ben aldilà di quella fisica”.

Questo nuovo senso di libertà interiore ha avuto non pochi riflessi positivi sul lavoro di Matilda, in particolare per ciò che riguarda l’aspetto di improvvisazione e ornamentazione estemporanea della musica di Bach:

“Le forme chiuse e strofiche delle danze, con la loro fedeltà a un medesimo centro tonale e la riproposizione identica – galanterie a parte – ad ogni suite, creano questo senso architettonico saldo e costante; al contrario, il Preludio che le anticipa assume il carattere dell’evasione, dell’improvvisazione aperta, prima della nascita di una forma. Grazie anche allo studio sui manoscritti, gli abbellimenti e le ornamentazioni hanno preso, per me, il carattere dell’imprevedibilità, della spontaneità esecutiva, a tratti quasi popolare, dandomi agio di inserirne estemporaneamente nei ritornelli delle danze e dei preludi.”

Un’altra caratteristica interessante di questo disco è la scelta di una accordatura a 432 hz. Negli ultimi anni si è spesso sentito parlare del possibile influsso dato da questo diapason (perlopiù utilizzato nel settecento), e gli studi effettuati in merito ne hanno confermato gli effetti positivi a livello psicofisico.

Per Matilda questa scelta è dettata da un personale interesse per l’argomento:

“Sono sempre stata affascinata da questo argomento e dalle ricerche che sono state realizzate a riguardo. Anche un ingegnere del suono mi ha confermato la validità di questi studi. Posso dire che, abbassando il diapason, già in fase di studio mi percepivo molto più in armonia con quello che stavo facendo, e anche esteriormente la mia concentrazione era totale, priva di tensioni.”

Fa da sfondo il desiderio di Matilda di voler portare, con questo suo lavoro, non solo un sogno a compimento, ma anche e soprattutto qualcosa di “bello” fuori da sé, e che, chissà, magari abbia la capacità di fare stare bene qualcuno.

Che, forse, è anche il senso più profondo della musica (?).


Sperando di tornare qui quanto prima per altre novità...
Andrew

domenica 27 giugno 2021

Partecipazione alla "4th AEMC Conference in Communication and Performance"

Ciao a tutti!

Torno qui per comunicarvi una bella notizia: il mio paper "Rhetoric of veiling and unveiling" è stato selezionato per partecipare alla quarta edizione della AEMC Conference in Communication and Performance, con argomento "narrating music".

Proprio ieri, in compagnia di tutti gli altri selezionati - studiosi, musicologi, docenti e ricercatori di varie zone dal mondo (USA, Canada, Hong Kong, Italia...) - ho presentato il mio articolo, ed ha ricevuto un'accoglienza entusiastica!
Sono veramente contento per questa esperienza! E' stato bello ascoltare i paper di tutti i presenti, veramente molto interessanti, spesso inaspettati. Mi hanno fatto molto riflettere e al tempo stesso trasmesso una buona dose di entusiasmo.
Altro bellissimo momento è stata l'esecuzione del Trio Op.8 di Chopin da parte del Mosertrio, veramente ben riuscita!

Oggi si terrà la seconda giornata, più improntata sul lato della performance, con una interessante disquisizione sulla celebre Polonaise-fantasie Op.61 di Chopin, auto che ha fatto da sfondo all'intera conferenza come sorta di figura semi-celata ma presente (quale in fondo lo stesso Chopin era...).

Lascio la foto della locandina della Conference, con indicato il programma delle due giornate.
Tornerò presto a raccontare di questa domenica!

Un saluto!
Andrew

mercoledì 9 giugno 2021

Pletnev, mago (e) orchestratore, in un “totally-Chopin” per Serate Musicali

Ciao!

Che bello poter tornare ad ascoltare un concerto in presenza dopo così tanto tempo! In particolare, se un concerto di un pianista della caratura di Mikhail Pletnev, e totalmente dedicato a Fryderyk Chopin, compositore in assoluto tra i miei preferiti.

Lunedì 7 Giugno sera, il récital per Serate Musicali Milano è partito da una pagina ancora abbastanza "understimated" come l'Impromptu Op.51 per attraversare, inanellate come un'unica opus di miniature, 13 Mazurke; quindi la mirabile e matura Sonata op.58.

Per Le Salon Musical ho scritto la recensione che trovate a questo link e riportata per esteso qui sotto:

"Andare ad ascoltare Mikhail Pletnev significa non solo uscirne estasiati o sconvolti, ma soprattutto tornare a casa, ogni volta, con la consapevolezza di aver scoperto qualcosa di nuovo da ciò che nuovo non è più. Pletnev è il maestro dell’orchestrazione al pianoforte e il mago capace di sollevare veli inimmaginati anche su quelle composizioni da cui non ci si aspetterebbe si possa scoprire ancora dell’altro.
Il portamento elegante e calmo con cui fa la sua entrata sul palco e raccoglie i saluti del pubblico contrasta nettamente con l’immediatezza e la sicurezza con le quali attacca il primo brano di questo récital interamente chopiniano, l’Impromptu Op.51, in Sol bemolle maggiore, il terzo scritto dal compositore polacco.
Il controllo sovrumano del tocco e del timbro è evidente sin dalle prime due misure, a mano destra sola, che aprono il pezzo e portano al primo tema: il suono denso e plastico delle prime terzine sembra quasi svanire, perdersi sulla superficie dei tasti, e invece si allaccia come un filo esile, ma visibile, alla melodia protagonista. La libertà agogica con cui Pletnev approccia all’Impromptu nella sua interezza – l’enfatizzazione dei silenzi che rompono i lunghi fraseggi, le sospensioni nei punti che dividono le varie sezioni o, al contrario, il fluire indisturbato fra un tema e l’altro – rendono piena giustizia al carattere (teoricamente) improvvisativo della composizione, dando a noi stessi spettatori quasi la sensazione che tutto questo non sia preparato.

Assaporata l’ebbrezza sonora dell’Op.51 si passa ad una libera selezione di ben tredici Mazurke – eseguite quasi senza interruzione – ognuna debitamente esaltata nei suoi elementi costituivi ed espressivi. La scelta attraversa l’intero proseguo cronologico (con qualche salto indietro ogni tanto), partendo dall’Op.6, che spicca per l’interesse e la freschezza talune scelte musicali: la n.1, in Fa diesis minore, ha un piglio deciso, e l’episodio in scherzando grazie ad una generosa pedalizzazione e alla sottolineatura dei gradi fondamentali si trasforma in qualcosa di fascinoso e sospeso; la n.4 riprende questo approccio, rendendola – per richiamare un celebre titolo debussyiano – una mazurka engloutie, in cui le melodie repentinamente emergono e si inabissano come immerse in una sorta di marea sonora.
Seguono la prima dell’Op.7, in Si bemolle maggiore, in cui la sezione centrale esala accenti inaspettati, e la celebre n.4 dell’Op.17, in La minore, mazurka che concede al nostro pianista di sciorinare non poche prestidigitazioni sonore. Scavalcando il ciclo dell’Op.24 – al quale si tornerà subito dopo con una altrettanto celebre mazurka, la n.2 in Do maggiore – si arriva alle n.3 e 4 dell’Op.30, rispettivamente in Re bemolle maggiore e Do diesis minore, tonalità predilette da Chopin (Notturni Op.27, primi due Valzer Op.64). È oltremodo curioso notare come Pletnev sembri riporre grande importanza alle conclusioni: le ultime battute, per non dire gli ultimi accordi, è come se facessero suonare in lui una specie di sveglia, cosicché, con una magia o l’altra, queste cadenze e queste chiuse non corrispondono a un semplice “rilascio di tensione”, ma a un ultimo raggio colorato proiettato nella sala.
Dopo la struggente mazurka Op.63 n.2 in Fa minore e la semplice Op.33 n.3 in Do maggiore, uscendo per un attimo dalle mazurke con numero d’opus, si incontra la mazurka in La minore B.134, perlopiù conosciuta come “Notre temps”, quindi, scavalcando le raccolte dall’Op.41 all’Op.59, una citazione dalle ultime tre: l’Op.63 n.3 in Do diesis minore, dal marcato piglio di mazùr; l’Op.67 n.4 in La minore; e l’Op.68 n.3 in Fa maggiore, che chiude la selezione in un intenso crescendo/allargando.

Senza soluzione di continuità si passa alla seconda parte del programma, l’imponente Sonata n.3, Op.58.
Se nell’impromptu e nelle mazurke Pletnev abbia potuto dare l’impressione di un pianismo “agevole” e simil-salottiero, nella Sonata è fin dalle prime battute pieno di acumi ed enfasi, con un suono poderoso e appassionato, quasi come se finora il pianista russo si fosse in qualche modo trattenuto e possa finalmente servire il piatto forte.
L’arte orchestrativa e il virtuosismo di Pletnev sono totalmente messi sotto i riflettori. Già dal primo ponte modulante (nonché nello sviluppo) dell’Allegro maestoso le polifonie sono chiare e differenziate, e originali – per non dire toccanti – le parti più cantabili e appassionate, con un suono pieno e sempre meraviglioso.
Lo Scherzo attacca senza esitazioni, richiamando, anche se con tocco diverso, l’ebbrezza dell’Impromptu Op.51. Il Trio non smolla la tensione, anzi tiene vivo il fervore delle parti esterne, e si distingue per la scelta di valorizzare la linea superiore anziché le terze della voce centrale.
Nel meraviglioso Largo il pianista lascia sconvolti per la varietà di soluzioni timbriche e di pedale, per la continuità che non cede a molli sedute, e per l’andamento della seconda sezione – futile, forse, è menzionare gli irraggiungibili pianissimo, al limite dell’udibile eppure sempre presi con estrema facilità e con un voicing impeccabile.
Chiude il Presto non tanto, in cui la perentorietà elegante del refrain e delle sue riprese si contrappone ai guizzi brillanti delle sezioni a contrasto, e al bollore febbricitante della coda.
Ben tre bis per un pubblico mai abbastanza sazio: il celebre Lark di Glinka-Balakirev, la fuga dal Preludio e fuga XXII dal secondo volume del Clavicembalo ben temperato bachiano, e la famosissima Sonata IX in Re minore di Domenico Scarlatti."



Potete trovare questo post condiviso anche sulla mia pagina twitter https://twitter.com/Andrea_pianist


In attesa di tornare presto con alcune novità, vi saluto!
Andrew

giovedì 20 maggio 2021

"Notturni Rossi" pubblicato! (CCEditore)

Ciao a tutti!

Dopo diverso tempo torno qui con una bella notizia: il mio libro di scritti in versi (non amo chiamarle poesie) Notturni rossi è stato recentemente pubblicato da Currenti Calamo Editore!

Questa novità è stata una delle tante cose accadute in questi ultimi due mesi. Piccole cose che hanno contribuito a stimolarmi e a sostenermi.

Il libro è disponibile sul sito di CCeditore a questo link.
In alternativa lo potete trovare anche su Amazon e affini.

Spero di tornare presto con altre novità! (Che in effetti ci sono e spero ci saranno...)

Un ringraziamento allo staff di CCEditore e al direttore Corrado Faletti.

Per intanto, a presto!
Andrew