Agli inizi dello scorso Settembre ho ripreso fra le
mani un libro che avevo abbandonato quasi dieci anni fa, più
precisamente nell'Aprile del 2008, a sole 150 pagine dalla fine -su
quasi 600 totali, ovvero il celebre "Doctor Faustus" del
noto romanziere e scrittore Thomas Mann.
Le ragioni per le quali lo avevo abbandonato per
mesi sul comodino e, una volta gettata la spugna del tutto,
tentennato, spolverato e quindi rimesso in libreria, erano
molteplici. Ma, una su tutte, era la sua eccessiva -almeno ai miei
occhi- dispersione in contestualizzazioni storiche, che non raramente
erano sempre le medesime: il periodo storico della seconda guerra
mondiale, con Fürer annesso, e le varie battaglie che la sua amata
Germania sostenne in quegli anni bui.
Più che tenuto con la tensione alta, mi sentivo
spesso allontanato dal focus, messo in stand-by. E questa non vuole
essere né una critica aspra e "facile", né tanto meno una
sminuita superficiale dell'autore, ma una sincera ammissione di mie
sensazioni, o forse anche meglio di miei limiti ed insofferenze,
probabilmente auto-inflittemi dalle aspettative che nutrivo dopo aver
letto alcuni passi focali del volume.
La storia, ambientata -appunto- in una Germania
nazista, mette al centro la figura di Adrian Leverkühn, migliore
amico d'infanzia dell'autore, il quale si cala nei panni di un
letterato a nome Serenus Zeitblom. Adrian è il tipico bambino -e poi
ragazzo- dalla mente prodigiosa, al quale nulla sfugge di alcuna
disciplina; il perfetto intellettuale e filosofo, filoteologo e
amante dell'arte. La facilità del suo apprendimento è più volte
narrata, così come la noia, velata di superbia, che lo coglie
puntualmente a metà delle lezioni. E', altresì, un bambino
perennemente vittima di una forte e disturbante forma di emicrania,
tanto da ridurlo a letto ed al buio non di rado.
Questi elementi ne tracciano una fisionomia flebile
ma algida e distaccata, o meglio inavvicinabile. Ammirato, ma non
ammiratore. Amato, ma non amabile. Quasi venerato dagli amici o dai
compagni di studi, ma dei quali lui, diversamente, non sembra curarsi
affatto se non durante le loro disquisizioni filosofiche e
teologiche. La sensibilità di Adrian è totalmente interiore ed
interiorizzata, come cacciata sul fondo di una cripta invisibile a
tutti, ma che fuoriesce soltanto in piccole circostanze (commoventi
le pagine dedicate al bimbo chiamato "Echo", del quale egli
fa da zio paziente e dispensando coccole, storielle e passeggiate).
Senza stare a descrivere tutto il libro,
fondamentalmente Mann sceglie la figura di Adrian come riflesso di
una Germania tronfia che, a causa di se stessa, giungerà
all'autodistruzione. Infatti, il protagonista, a metà dell'opera, si
troverà davanti la figura di Mefistofele, il quale lo porterà a
prendere coscienza della sua fascinazione per il demonio, adombrata
dalla scusa degli studi teologici e matematici; della sua noia
superba, la quale cela un piedistallo radicato nella consapevolezza
di apprendere più rapidamente del normale. A lui Adrian venderà
l'anima in cambio del successo sicuro e del genio compositivo: perché
soltanto lo studio della musica lo porterà in un luogo ove non è
tutto "finito", e quindi placherà la sua sete -o meglio,
la trasformerà in una continua "tensione drammaticamente
assetata"- di conoscenza e di "andare a fondo", con il
destino, però, segnato e già condannato.
Le pagine indubbiamente più febbricitanti ed
emozionanti corrispondono ai momenti in cui il narratore trascrive in
toto il dialogo fra il musicista ed il diavolo, e quello in cui
il primo giunge agli ultimi momenti prima che la sua anima venga
dannata.
Il dialogo fra Adrian e Mefistofele parte in modo
classico, con quest'ultimo che cerca di fare "l'affare" con
l'anima del protagonista; ma, successivamente, divaga e diviene una
disquisizione quasi filosofica sul male, sull'inferno, su Adrian
stesso: il diavolo sembra quasi uno psicanalista, nonostante i tratti
volutamente tentatori e "commerciali", nel fine di attrarre
a sé il talentuoso ragazzo.
Le pagine dedicate agli ultimi momenti di un Adrian "presente e vivo" sono sconcertanti, in un continuum di crescente fibrillazione. Egli, terminata la sua ultima composizione -ovvero Lamentatio Doctoris Faustis, dichiarazione del suo patto col diavolo, organizza un grande incontro con amici, colleghi e persone corollario dei suoi anni di musica e successi -insolito per un solitario distaccato come lui, ed infatti non poche persone restano sorprese. Le fa accomodare nel salone della dimora ove lui risiede (nel piccolo paesino di Pfeiffering) e ammette, poco a poco e davanti a tutti loro, della sua antica colpa. Gradualmente gli ospiti iniziano a lasciare la sala e, quando finalmente egli si dirige al pianoforte per saggiarli di qualche esecuzione della Lamentatio, dopo i primi accordi dissonanti cade a terra perdendo conoscenza. Da qui alla fine del libro si profilerà la figura di un altro Adrian, caduto nell'oblio di una malattia mentale, che non riconosce più i cari, senz'anima né spiritualità; annichilito e magro, pallido, che tenta addirittura il suicidio.
Le pagine dedicate agli ultimi momenti di un Adrian "presente e vivo" sono sconcertanti, in un continuum di crescente fibrillazione. Egli, terminata la sua ultima composizione -ovvero Lamentatio Doctoris Faustis, dichiarazione del suo patto col diavolo, organizza un grande incontro con amici, colleghi e persone corollario dei suoi anni di musica e successi -insolito per un solitario distaccato come lui, ed infatti non poche persone restano sorprese. Le fa accomodare nel salone della dimora ove lui risiede (nel piccolo paesino di Pfeiffering) e ammette, poco a poco e davanti a tutti loro, della sua antica colpa. Gradualmente gli ospiti iniziano a lasciare la sala e, quando finalmente egli si dirige al pianoforte per saggiarli di qualche esecuzione della Lamentatio, dopo i primi accordi dissonanti cade a terra perdendo conoscenza. Da qui alla fine del libro si profilerà la figura di un altro Adrian, caduto nell'oblio di una malattia mentale, che non riconosce più i cari, senz'anima né spiritualità; annichilito e magro, pallido, che tenta addirittura il suicidio.
Ecco tornare il riflesso con la situazione germanica
coeva: la fine della guerra, la sconfitta, la distruzione e la
delusione del cuore dello scrittore, la vergogna quasi della sua
nazionalità. L'anima perduta della sua amata Germania.
Le ultime righe lasciano interdetti e senza parole, come se il volume, nonostante la sua corposità (593 pagine), non sia forse ancora del tutto concluso; o piuttosto perché nemmeno nel suo cuore, Serenus/Thomas ha davvero idea di cos'altro si possa aggiungere per chiudere un caposaldo della letteratura come questo.
Le ultime righe lasciano interdetti e senza parole, come se il volume, nonostante la sua corposità (593 pagine), non sia forse ancora del tutto concluso; o piuttosto perché nemmeno nel suo cuore, Serenus/Thomas ha davvero idea di cos'altro si possa aggiungere per chiudere un caposaldo della letteratura come questo.
Andrew
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